Allagamenti e auto in sosta, Sos 118:
«Ambulanze costrette a cambiare strada»

Allagamenti e auto in sosta, Sos 118: «Ambulanze costrette a cambiare strada»
di Rossella Liguori
Lunedì 13 Dicembre 2021, 06:20 - Ultimo agg. 17:08
4 Minuti di Lettura

«È un’emergenza nell’emergenza, combattiamo contro il tempo facendo l’impossibile». Gli operatori del 118, le corse contro il tempo per salvare vite umane, e, poi, quelle strade che finiscono sotto metri di acqua a causa del maltempo e spesso rallentano i soccorsi. Una realtà che ben si conosce da tempo ed è esplosa nella sua drammaticità, nelle ultime ore di vita di Maddalena Mandile, 88 anni, morta lo scorso 27 novembre, dopo un malore e gravi complicanze. Viveva in via Longole a Scafati, strada invasa dal Fiume Sarno dopo giorni di pioggia incessante, una vicenda che ha raccontato la figlia, Rosa: «Le ambulanze hanno fatto fatica ad arrivare, anche per poi constatare il decesso, mio marito ha dovuto aprire la strada e l’acqua con l’ape car. Pure il carro funebre è rimasto bloccato. È arrivato un mezzo speciale per caricare la bara. Non so se si potesse salvare, ma noi in questa strada siamo intrappolati». 

Una strada impraticabile che è una prigione di acqua per chi ci vive ed un luogo invalicabile per chi deve raggiungerlo.

Uno scenario che si vede in più zone dell’agro sarnese nocerino, ed è una condizione in cui i mezzi di soccorso arrancano. Così, spesso, i tempi perché un’ambulanza giunga da un paziente si dilatano tra strade alternative per non restare impantanati, ruote bloccate da cunette sprofondate, motori in panne a causa del fiume in piena. 

Video

Come si muove un’ambulanza su un territorio con gravi allagamenti ed esondazioni? A raccontare la drammatica realtà del 118, è il dottor Girolamo Mazzeo. Non conosce il caso Mandile, l’intervento non è stato suo né del suo equipaggiamento, ma ha dato la misura di quanta fatica si faccia per salvare vite umane quotidianamente, soprattutto per raggiungere luoghi angusti, in condizione estreme. Tempi di percorrenza che da dieci minuti si trasformano anche in trenta a causa di strade allagate, caditoie saltate. «Succede, purtroppo, di impiegare più tempo del dovuto, per raggiungere un paziente in emergenza, a causa di gravi allagamenti, auto che si bloccano davanti all’ambulanza. Non solo capita di dover rallentare, ma a volte dobbiamo proprio cambiare strada. Per noi non è facile, facciamo davvero il possibile. Abbiamo diversi episodi emblematici. Tra i più recenti, un intervento ad Angri, una persona in arresto cardio circolatorio l’abbiamo trattata e rianimata. Da Angri siamo dovuti arrivare a Sarno, abbiamo percorso strade interne impercorribili a causa del maltempo. In ambulanza, durante il tragitto, il paziente è andato di nuovo in arresto. Quindi, la strada sommersa spesso ci ostacola, allunga i tempi di intervento e trasporto del paziente. Può capitare che una persona in arresto cardiaco possa attendere di più, che possano esserci dei peggioramenti nell’attesa. Con la mia equipe, grazie alla prontezza dei miei collaboratori, siamo intervenuti in condizioni estreme salvando vite, ricordo una persona con edema polmonare; ma è vero che i minuti sono determinanti e, spesso, possono essere letali. Ogni minuto in più, per una persona che è arresto cardiaco, riduce del 30 per cento la possibilità di salvarsi. In caso di condizioni avverse, conoscendo il territorio, per evitare di perdere tempo noi scegliamo strade alternative, in casi estremi la centrale chiama i vigili del fuoco. Optiamo, però, sempre per la prima soluzione, ci consente di fare più velocemente, perché i tempi di intervento per l’organizzazione di un mezzo dei vigili del fuoco possono non essere compatibili con una nostra emergenza. È anche difficile lanciare appelli alle istituzioni. Allagamenti ed esondazioni, sono problematiche territoriali che vanno risolte dalle radici, perché sicuramente parliamo di gestione e programmazione di anni che non hanno prodotto risultati. In generale, poi, è anche importante non richiedere l’intervento del 118 in situazioni in cui possa intervenire semplicemente il medico di base, perché rischiamo di non andare su interventi che sono poi critici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA