«Così volevano dividersi
le postazioni Asl del 118»

«Così volevano dividersi le postazioni Asl del 118»
di Petronilla Carillo
Sabato 23 Gennaio 2021, 06:55 - Ultimo agg. 08:00
4 Minuti di Lettura

Nelle carte dell’inchiesta che ha portato in carcere Roberto Squecco, il «re» del servizio di trasporto infermi di Capaccio, vi è un capitolo interamente dedicato alla turbata libertà degli incanti. Oltre alla ex funzionaria della Asl di Agropoli, Gerarda Montella, a riguardo della quale gli uomini di Squecco dicono, in una intercettazione, «sta con noi», per quanto riguarda le autorizzazioni falsificate, il gip parla anche di un evidente «accordo collusivo» oltre che di «mezzi fraudolenti» utilizzati dall’imprenditore capaccese per ottenere l’aggiudicazione del servizio dall’Asl. Suoi diretti «complici» in questa operazione, secondo quanto emerso dalle indagini della Squadra Mobile coordinate dalla procura di Salerno, ci sarebbero Giuseppe Pinto, Donato Potolicchio e Giuseppina D’Ambrosio (la cognata) tutti presidenti fittizi delle tre onlus che hanno vinto gli appalti nel Cilento agevolando così gli affari imprenditoriali di Roberto Squecco. Oltre a Capaccio, il gip riporta anche il caso della gara per la postazione a Santa Maria di Castellabate la quale, sia pure affidata a diverse associazioni a rotazione e per la durata di due mesi, di fatto era gestita al 50% da Squecco attraverso i suoi prestanomi.


LA DENUNCIA
A lanciare accuse, ma soprattutto a fornire la sua versione sul modus operandi del gruppo capaccese, è stato anche Roberto Schiavone, presidente dell’Humanitas.

Secondo quanto dichiarato da Schiavone agli inquirenti, i buoni rapporti di Squecco con l’Asl gli avrebbero consentito, nel tempo, di far sì che il gruppo capaccese prendesse piede scalzando anche l’Humanitas che opera nel settore da 35 anni. Schiavone ha anche ricordato come, nel 2016, fu costretto a lasciare la postazione 118 di Licinella perché gli fu revocato l’uso «senza una valida motivazione» per assegnarlo alla Croce Azzurra di Agropoli dall’allora sindaco Voza. E ciò, ci ha tenuto a ribadire il presidente Huimanitas, nonostante essendo quello un bene confiscato alla camorra doveva essere utilizzato per fini di volontariato. Nonostante le sue rimostranze, Schiavone fu messo fuori dalla postazione con l’intervento della polizia municipale. Lo stesso ha raccontato anche che, poiché in quel periodo aveva problemi di liquidità a causa del blocco di alcuni pagamenti e di problemi con Equitalia, Squecco si propose di aiutarlo economicamente per coprire le spese mensili, e questo consentì all’imprenditore di stabilire rapporti più stretti con i suoi volontari ai quali pagava le spettanze. Schiavone ha anche denunciato di essere stato vittima di un raggiro: agli inizi di agosto del 2016 Squecco gli prestò 300mila euro, qualche giorno dopo l’Asl lo chiamò per dire che il suo personale non si era presentato alla postazione di Agropoli e questo, di fatto, rappresentava una interruzione di servizio e la decadenza dalla postazione della sua associazione. «Attraverso un giro di telefonate - si legge nell’ordinanza - si rese conto (Schiavone, ndr) di essere vittima di un raggiro con la complicità di Squecco della Croce Azzurra, della Croce Bianca di Salerno e della Croce Gialla di Campagna. Piano piano, ha denunciato Schiavone, gli furono tolte tutte le postazioni e il personale passava con Croce Azzurra».


L’INCONTRO
Sentito dagli inquirenti, Schiavone ha anche parlato dell’ultima gara per il 118 bandita dall’Asl e poi sospesa. Fu invitato presso «lo studio del commercialista Casella di Salerno dove si incontrò con altri operatori come Squecco, Guariglia, un rappresentante di Roccadaspide, Antonio Caruccio della Cri di Salerno e altri presidenti di associazioni per concordare tra loro come dividersi le offerte da presentare ai vari lotti: a Schiavone furono proposti due lotti ma lui si rifiutò. Dettagli, questi, riscontrati dagli inquirenti secondo cui la riorganizzazione della onlus da parte dell’imprenditore capaccese all’indomani del sequestro dell’ottobre 2019, era propedeutica proprio alla partecipazione alll’assegnazione della postazione di Agropoli quindi, scrive il gip, «l’accordo collusivo prospettato serviva per far partecipare associazioni prive di requisiti e agevolare Squecco e il suo regime monopolistico». Di qui l’iscrizione nel registro degli indagati anche di Carucci e Guariglia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA