«Vassallo ucciso perché aveva scoperto
un giro di droga: voleva denunciare tutti»

«Vassallo ucciso perché aveva scoperto un giro di droga: voleva denunciare tutti»
di Petronilla Carillo
Venerdì 29 Luglio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:06
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Angelo Vassallo era sotto ricatto: il gruppo di napoletani legati al defunto boss Raffaele Mauriello aveva intenzione di trasformare Pollica, o meglio un lido di Acciaroli che intendevano rilevare (quindi un intero tratto di spiaggia), come punto di sbarco di enormi quantitativi di stupefacenti provenienti dall'area napoletana e che il clan D'Aquino-Annunziata aveva deciso di stoccare in un non meglio identificato deposito di Pollica. I napoletani avevano anche saputo che la figlia del sindaco pescatore gravitava nel mondo dello spaccio, facendo lei stessa uso di droga, e per questo motivo lo stavano ricattando psicologicamente. Vassallo voleva denunciare tutto alla procura ma, non fidandosi dei carabinieri di Pollica, sarebbe dovuto andare dai carabinieri di Agropoli a «raccontare» tutto. L'appuntamento, in effetti, era stato fissato nella settimana precedente la sua morte, ma il comandante glielo aveva spostato, per esigenze sue di servizio, a lunedì 5 agosto. Poco dopo la mezzanotte di domenica 4 agosto, il sindaco fu ucciso. È questo lo scenario ricostruito dalla procura Antimafia di Salerno che ha emesso un decreto di perquisizione, a firma del procuratore capo Giuseppe Borrelli e del sostituto Marco Colamonici, a carico di nove persone sospettate dei reati di omicidio ed associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. A loro sono stati anche sequestrati telefoni e disposizioni elettronici. Tra questi ci sono anche tre militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta del colonnello Fabio Cagnazzo, del suo «attendente» Luigi Molaro e di Lazzaro Cioffi (difeso dall'avvocato Saverio Campana) già arrestato per collusioni con il clan che gestisce il traffico di droga al Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. Quindi di Giuseppe Cipriano (difeso dall'avvocato Giovanni Annunziata) imprenditore di Scafati che ad Acciaroli in quegli anni gestiva il cinema ma che è ritenuto dalla Dda di Salerno il trait d'union tra i Ridosso, il boss Romolo e il figlio Salvatore (difesi dall'avvocato Pierluigi Spadafora), ed i fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino (difesi dall'avvocato Agostino De Caro) imprenditori di Pollica e proprietari di diverse strutture alberghiere, b&b e locali sul territorio.

L'ipotesi investigativa che è alla base del decreto di perquisizione eseguito nella giornata di ieri è dunque quella che l'omicidio del sindaco pescatore è da inquadrare nel tentativo di non consentirgli di denunciare il traffico che aveva scoperto sul suo territorio e che rendeva il porto di Acciaroli punto di arrivo di grosse partite di sostanza stupefacente in arrivo da Castellammare di Stabia. Ma non solo. A corredo di questa ipotesi c'è anche quella di una serie di attività investigative mai delegate, dalla procura di Vallo della Lucania prima e della Dda di Salerno poi, apparentemente finalizzata ad accertare i fatti ma sostanzialmente diretta ad indirizzare le indagini nei confronti di soggetti poi risultati estranei alla vicenda. In particolare, nel loro mirino, finì un giovane pregiudicato salernitano, che ruotava nel mondo dello spaccio ed era in pianta stabile a Salerno, Bruno Humberto Damiani che per oltre sette anni è stato l'unico indagato dell'omicidio del sindaco pescatore.

Fu proprio l'ufficiale dell'Arma, Fabio Cagnazzo, ad Acciaroli in vacanza ad autorizzare il prelievo delle immagini delle telecamere di sorveglianza di alcune strade vicine al porto e a relazione su Damiani indicandolo quale possibile autore dell'assassinio. Accuse poi rivelatisi infondate. Quindi nei confronti di altre persone, di Pollica e non, che avevano dell'acredine nei confronti del sindaco e che, secondo l'ufficiale, potevano essere inseriti nella rosa dei sospettati. 

 

Stefano Pisani, attuale sindaco di Pollica, all'epoca dei fatti era il vice di Vassallo e suo delfino. Si è trovato lui, benché giovanissimo, a dover gestire il Comune nonostante avesse perso un grande amico e vate. Per lui la svolta di ieri nelle indagini «è una bella notizia». Pisani, però, ci tiene a sottolineare di voler essere «cauto nelle valutazioni», aggiungendo: «Apprendo con piacere che si sta continuando a lavorare e che finalmente si potrà fare chiarezza su alcuni fatti che sono stati sempre oggetto di riflessione. Ci sono interrogativi che riguardavano queste circostanze che non hanno mai trovato una risposta concreta, ci sono dei fatti che vanno spiegati. In questo caso c'è un provvedimento e ci sono delle persone indagate, vuol dire che i magistrati hanno degli elementi ulteriori da utilizzare». 

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