Per amore si fanno tante cose: si ha il coraggio di denunciare il più orribile dei delitti ma si diventa anche complici. Soprattutto se si è molto giovani e se quell'amore diventa il volano per uscire fuori da un contesto familiare che sta stretto e fa male. Annamaria Vacchiano lo sta capendo, in queste ultime settimane, a sue spese. Lei che ha denunciato il fratello 15enne, la madre Barbara Vacchiano e il patrigno Damiano Noschese per l'omicidio di Marzia Capezzuti, si ritrova ora ristretta agli arresti domiciliari per fatti commessi nel 2020 quando, in pratica, di anni ne aveva soltanto 21.
L'inchiesta che all'lba di ieri l'ha travolta è quella che ha portato all'esecuzione di 53 ordinanze resterittive per fatti di spaccio e lesioni all'interno del carcere di Fuorni. Lei, assieme ad un'altra quindicina di donne, secondo il gip del tribunale di Salerno che ha ieri accolto le richieste della Dda, coordinata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dal procuratore aggiungo Luigi Alberto Cannavale, avrebbe avuto un ruolo nel sistema di spaccio organizzato all'interno del penitenziario con «compiti esecutivi e di supporto dell’associazione stessa» di cui facevano parte parenti e compagni.
Il suo legale di fiducia, l'avvocato Stefania Pierro, sottolinea che i fatti per i quali Annamaria Vacchiano è finita agli arresti domiciliari, sono antecedenti all'inchiesta per l'omicidio di Marzia Capezzuti.
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