«Quando apprendo dell’omicidio di una donna mi sento come se Anna morisse ancora. È la morte di una sorella che si rinnova». È come se ogni volta tornasse quel maledetto 1 marzo 2022. Una ferita che non si è mai rimarginata e che torna a pulsare in maniera ancora più forte quando arriva l’ennesima notizia di un femminicidio. Vincenzo Borsa, fratello di Anna Borsa, uccisa a Pontecagnano Faiano due anni e mezzo fa dal suo ex fidanzato, sa bene cosa significa convivere con un dolore che cambia la vita e davanti al quale l’unica cosa da fare è reagire attraverso la testimonianza e la memoria, per fare in modo che quel che è accaduto ad Anna, a Maria Rosaria e a tante altre non accada più.
Ancora un femminicidio sul territorio. Ancora una giovane vita spezzata. Dove trovare le parole per commentare tutto ciò?
«È stata una doccia fredda per me, esattamente come il primo marzo. Una sensazione che non si può spiegare. Quando ho ricevuto la notizia è come se fossi tornato indietro di un anno e mezzo. Mi fa male il cuore, perché tutto ciò mi fa pensare ad Anna. E mi immedesimo in tutto questo dolore, che non si può né paragonare né quantificare. Quello che mi sento di dire è che ogni donna dovrebbe avere il diritto di vivere i suoi giorni ed i suoi anni in piena e totale libertà. Tutto questo non è accettabile».
Cosa ti senti di dire a quei bambini che hanno perso la loro madre?
«Da fratello di Anna posso solo dire che ci vuole forza e coraggio per andare avanti. La vita è difficile e quando succedono queste cose lo è doppiamente. A loro auguro tutto il bene che si può desiderare e tanta forza, che, sono certo, sia la mamma che Anna daranno a questi due bambini guardandoli dal cielo».
Non dimenticare queste vite spezzate può rappresentare un monito ed un’occasione di riflessione per la società tutta. Per questo hai deciso di dedicarti anima e corpo alla realizzazione di un murales per Anna. È questo il punto di partenza per ricordare?
«Il murales dedicato ad Anna sarà uno specchio in cui tutti potranno riflettersi. I suoi occhi così belli, che per me erano il sole, devono rappresentare la forza di ogni donna davanti alle difficoltà. Ci sto mettendo l’anima e la faccia per realizzarlo perché desidero che quel viso dia alle altre quel coraggio che lei, purtroppo, non ha avuto. In quegli occhi devono riflettersi tutte le donne in difficoltà. A loro e a chi ha perso un suo caro in questo modo è dedicato questo progetto, che spero possa vedere la luce a breve e per il quale ringrazio già i tantissimi sostenitori che mi stanno supportando per realizzare il murales. I suoi occhi sono quelli di chi aveva tanto amore, tanto cuore e tanta vita davanti. Voglio che la sua tragica morte, nonostante tutto, dispensi ancora bellezza».
Da un anno e mezzo ti stai impegnando in attività per ricordare Anna e tutte coloro che hanno perso la vita in circostanze simili. Quanto ti responsabilizza il ruolo di custode e divulgatore della testimonianza e della memoria?
«Tantissimo. Nel mio piccolo ci sto provando e cerco di dare coraggio a chi non ne ha. Ho un’anima che vive dentro me, con la quale non posso più parlare e che non posso più toccare, ma che vive dentro di me ventiquattro ore su ventiquattro. Quando voglio parlarle guardo il cielo e mi sento più sicuro. La mia attività di testimonianza è finalizzata a far cessare tutto ciò, perché perdere qualcuno che ami fa male. Dobbiamo crederci, dobbiamo essere convinti che, attraverso la nostra testimonianza, qualcosa possa realmente cambiare. A volte bisognerebbe capire che amare significa anche lasciare andare. La mente di ogni essere umano, però, a volte fa i capricci e anche se ti convinci che certe cose non possano più accadere la realtà ti presenta il conto con la sua crudeltà».
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