Botte al clochard disabile alla stazione di Sarno, è bufera social

La violenza nell’ennesimo video virale di un gruppo di bulli

Un frame del video diventato virale
Un frame del video diventato virale
di Rossella Liguori
Giovedì 30 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 08:40
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La deriva sociale dei social: le aggressioni diventano virali e si rischia l’emulazione. «I social sono dono e danno - tuona lo psicologo Antonio Francese - gesti deplorevoli sono parte di una scuola virtuale da cui imparano i nostri giovani».

A Sarno un gruppo di adolescenti inveisce contro un disabile senzatetto, la scena ripresa con un cellulare e viene condivisa sulle piattaforme social dagli stessi ragazzini originari del napoletano. Prima la violenza, poi le scuse. Tutto come in uno show senza fine, un’immagine dopo l’altra, che passa dal computer allo smartphone.

«Voglio chiedere scusa a tutti. Ero ubriaco». È il ragazzo che in primo piano, attraverso l’ennesimo video, prova a dare una spiegazione, quasi una giustificazione, ad un atto terribile. Poche ore prima era stato immortalato mentre prendeva a calci la porta di ingresso della stazione centrale di Sarno, minacciando ed aggredendo un uomo, Antonio, un disabile senzatetto. La denuncia del deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, l’esposto in Procura presentato dal sindaco Giuseppe Canfora. I social che si sono trasformati in linguaggio e dialogo sfuggito al controllo. «La violenza protagonista nel mondo dei giovani - dice Borrelli - immotivata, brutale e per di più sbattuta sui social come fosse un motivo di vanto.

Perché certi ragazzi hanno eretto la violenza a modello di vita facendola diventare protagonista soprattutto nelle notti del fine settimana? È un problema sociale». 

Sulla vicenda è intervento Antonio Francese, psicologo e psicoterapeuta, tracciando le linee anche dell’uso e dell’abuso dei social e degli ambigui e oscuri modelli attuali. «La frequenza sempre maggiore di episodi di violenza con protagonisti minori è frutto di emulazione e di anni di manifestazioni di becero consenso sui social per qualsiasi gesto. I modelli di famosi tik toker dal turpiloquio facile e dai gesti deplorevoli sono la “scuola virtuale” da cui imparano i nostri giovani. Mi chiedo - dice - se si sia abdicato al nostro ruolo educativo. La risposta drammatica è che il compiacimento è diventato il metro di una relazione sempre più simmetrica tra adulti e ragazzi che è strutturalmente inesatta e completamente disfunzionale. I social sono “dono” e “danno”, libertà di espressione e prigione del pensiero critico. È urgente regolamentare l’uso dei social, insegnare ai giovani con fermezza che chi è più debole non si maltratta per sentirci più forti. Se alla scuola dei social i nostri giovani prendono 10, a quella della vita rischiamo di farli bocciare ripetutamente se non ci avviciniamo di più alle loro storie e questo straordinario bisogno di essere visti».

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