Camorra a Nocera Inferiore:
«Spariamo contro auto e cose»

Camorra a Nocera Inferiore: «Spariamo contro auto e cose»
di Nicola Sorrentino
Domenica 12 Settembre 2021, 12:00
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Il clan rivale andava colpito. Serviva una dimostrazione. Questo emerge dalle carte della Dda di Firenze nell'inchiesta sui fratelli Cuomo, in guerra con «quelli di Piedimonte». Luigi Cuomo spiega a Filippo Boffardi di «svolgere un compito per il gruppo, di sparare a qualcuno». E non per un suo interesse, ma per quello dell'associazione camorristica. In una conversazione intercettata, si comprende cosa volesse dire «fare rappresaglia» a Nocera Inferiore. «Individuare immobili o auto appartenenti al gruppo nemico e far esplodere delle bombe carta e forse anche dei colpi d'arma da fuoco». Cuomo parla chiaro con Boffardi: «Faccio portare le pistole» e il secondo replica: «Se fanno quello che hanno fatto a me io gli sparo in collo, io lo so fare». Ma qualcosa forse va storto, perché in un'altra conversazione è sempre Luigi Cuomo, con Domenico Rese, a lamentarsi del comportamento di Boffardi, che non avrebbe fatto quanto richiesto: «Vabbuò ma che ci vu..uno ha da telecomandare, deve sparare a uno! Li dovevi pompare a questi guaglioni, dovevi fare qualsiasi rumore pure una coscetella». Cuomo, in sostanza, spiega che Boffardi avrebbe dovuto sparare a qualcuno, anche ad una gamba. E Rese replica: «È sceso anche senza la cosa, la tattica era solo di farsi vedere». Su possibili agguati da parte del clan rivale, è sempre Luigi Cuomo, nel riferirsi al fratello Michele, a sostenere che fosse impossibile che qualcuno arrivasse a spararlo in casa sua: «Ma che ti vengono a uccidere! Ma da quanti esiste la sparatoria in casa, dentro da me con cinque figli vengono dentro casa là e non sanno che un cristiano tiene pure una pistola a casa! Tu lo faresti?». 

Il gruppo avrebbe tentato poi di comprare una partita di droga, forse per autofinanziarsi, ma l'affare sfumò in ragione dell'ostilità del clan rivale. È Michele Cuomo stavolta a cercare il fratello Luigi, che a sua volta si rivolse ad una persona che aveva promesso il suo aiuto.

La droga - «i pelati» - però non viene acquistata: «Ha detto no, ha detto che ha alzato tutto però ha detto già sono andati là, chi ci doveva andare». Sono sempre le intercettazioni a far comprendere come il gruppo dei fratelli si muovesse da clan. Domenico Rese, parlando come membro di un'associazione, dice: «La prima cosa importante che non si sottovaluta nessuno, non dovete di sempre sono quattro scemi se fossero quattro scemi non facevano tutto questo, sicuramente non hanno il coraggio di un leone però, quattro cinque scemi tutti insieme si fanno forza a vicenda». Ma un boss va anche protetto. È così che fa intendere Domenico Rese, il 16 dicembre del 2020, quando parla con la madre dei fratelli Cuomo, spiegando di aver posizionato «a mò di vedetta alcuni soggetti a loro fedeli, sia dentro che nei pressi del tribunale di Nocera Inferiore, dove si sarebbe dovuto recare Michele Cuomo». L'obiettivo era di segnalare la presenza di sodali del clan rivale. 

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