Capaccio e Paestum, gli scavi della verita: erano una sola città

Capaccio e Paestum, gli scavi della verita: erano una sola città
di Gianluca Santangelo
Martedì 29 Luglio 2014, 11:49 - Ultimo agg. 11:50
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C’ stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui Capaccio era uno dei siti pi importanti della cultura archeologica europea, quasi un laboratorio a cielo aperto. E non si trattava di un intervento all’interno delle mura della citt greca n di uno studio sui templi arcaici. C’ stato un tempo in cui i maggiori esperti di archeologia preistorica e medievale del continente portavano avanti sondaggi presso il Santuario della Madonna del Granato, alla ricerca delle origini dell’insediamento in collina di Caputaquis, oggi noto come Capaccio Vecchia. Dal 1973 al 1980 una équipe italo-polacca, infatti, ha svolto indagini archeologiche pionieristiche per l’epoca trattandosi delle prime esplorazioni di ambito medievale nel Mezzogiorno e di uno dei primi scavi stratigrafici in tutta Italia, condotti con una rigorosa metodologia documentaria e multidisciplinare, inedita per i tempi. Agli inizi degli anni Settanta l'Istituto di Filologia e Storia Medievale dell'Università di Salerno, diretto da Nicola Cilento, individuò in Capaccio Vecchia il luogo ideale per inaugurare un ampio progetto sui centri urbani della cosiddetta Longobardia minore. Si decise di portare avanti il piano di lavoro con gli studiosi dell'Accademia Polacca delle Scienze, una delle scuole archeologiche più prestigiose ed all’avanguardia in Europa sotto la guida di Stanislaw Tabaczyński. Si avvicendarono sul cantiere capaccese alcuni tra i massimi esperti della disciplina che lavoravano accanto a tanti giovani studenti che lì si formarono e che sarebbero diventati poi funzionari ministeriali, ricercatori e docenti universitari. Da quella esperienza nacque il centro di Archeologia Medievale dell’Ateneo Salernitano che fu uno dei primi poli di archeologia medievale del territorio nazionale e che negli anni si sarebbe distinto come tra i più attivi sul campo. I risultati di quell’intervento portarono a notevoli scoperte: una chiesa di VIII-IX secolo, più antica di quella del Granato di epoca romanica, il complesso episcopale ed ampi tratti dell’abitato protetto dal castello. Erano i primi dati materiali che gettavano luce sul destino degli abitanti della pianura dopo la fine della città classica di Paestum e che fornivano un’immagine più chiara del centro fortificato che ne raccolse l’eredità ospitando la sua sede vescovile e una ampia parte della popolazione. C’è stato un tempo, e c’è ancora, in cui la consapevolezza che Paestum e Capaccio siano indissolubilmente legate era al centro del dibattito culturale. Se si guarda al comprensorio non solo come un contenitore di oggetti straordinari, ma come un organismo complesso appare chiaro che l’area archeologica dei templi greci è una delle fasi, certamente la più monumentale, ma non l’unica della vita del territorio e dei suoi abitanti. L’apparente distanza tra i due centri è, quindi, solo fisica in quanto l’uno è l’evoluzione dell’altro: slegarli significherebbe negare una parte importante della loro storia.
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