Bollette, la rivolta dei commercianti:
«Luci spente nei negozi di Salerno»

Bollette, la rivolta dei commercianti: «Luci spente nei negozi di Salerno»
di Barbara Cangiano
Domenica 18 Settembre 2022, 06:35 - Ultimo agg. 10:59
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Dietro non ci sono comitati e associazioni. Ma singoli cittadini e piccoli imprenditori che hanno deciso di metterci la faccia e di riunirsi spontaneamente per dire stop al caro bollette. Per lo più sono panettieri, pizzaioli, baristi, ristoratori, ma dopo una riunione operativa tenuta venerdì sera e il tam tam partito di chat in chat, si stanno progressivamente aggiungendo centri estetici e perfino studi di medicina. 

Sono due le prime proteste che verranno messe in campo e che vedranno Salerno capofila di una lunga serie di manifestazioni. Da lunedì e per l’intera settimana, fino a sabato 24, dalle 19 alle 20.30, gli artigiani e i commercianti spegneranno le luci nei propri negozi e sui luoghi di produzione e lavoro ed accenderanno lumini.

Giovedì 22 settembre, invece, si raduneranno coi propri mezzi aziendali presso il parcheggio dello stadio Arechi ed in corteo sfileranno sino a piazza Amendola dove chiederanno di incontrare il prefetto per esprimere pacificamente il grave malessere che coinvolge famiglie e diverse categorie professionali e per chiedere che si faccia portavoce presso il Governo di un intervento che blocchi l’emorragia di risorse che inevitabilmente porteranno allo spegnimento non più simbolico delle luci in centinaia di negozi e luoghi di produzione. 

Su questo Peppe Faiella, presidente dell’associazione pasticcieri Salerno è netto: «Se non saremo ascoltati non avremo altra alternativa che la chiusura - racconta - Un piccolo imprenditore non può consentirsi di spendere fino a 10mila euro per una bolletta della corrente elettrica, senza considerare che il costo delle materie prime è arrivato alle stelle. Da lunedì il latte costerà due euro a litro; una balletta di pelati che prima si poteva acquistare con dieci euro, ora ne vale venticinque. La sugna è schizzata da 22 a 65 euro, lo zucchero da 80 centesimi a circa un euro e trenta. Per non parlare dell’olio». La situazione è drammatica, conferma Peppe Di Pace del Caffè Bellini: «Saremo costretti ad aumentare i prezzi e questo significa che le nostre attività resteranno vuote perché anche le famiglie sono in difficoltà. Noi abbiamo deciso di tenere ancora fermo a un euro il costo del caffè, ma quello di cornetti e altri dolci è leggermente aumentato di venti o trenta centesimi perché è lievitato tutto, a partire dalla farina». Paolo Lamberti di Panem et circenses lo sa bene: «Fino a qualche tempo fa era possibile acquistare un chilo di farina a 37 centesimi, ora ne occorrono 80. L’olio di girasole è passato da un euro a tre euro, mentre per un cartone di uova, anziché ventidue euro se ne spendono trenta. Queste proteste pacifiche - spiega - sono per i cittadini, non solo per le nostre attività. Tra poco un anziano che percepisce una pensione da 700 euro non potrà più mangiare. E lo vedo con i miei occhi, perché ci sono tante persone di una certa età che quando smontano gli stand del mercato rionale di via Piave vanno lì alla ricerca degli scarti». 

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Secondo Carlo Vernieri dell’omonimo panificio, a scendere in piazza saranno oltre duecento attività, a cui, si augura, si possano unire anche i clienti: «È nera. Ormai le persone al 15 del mese non hanno più soldi e sono costrette a rinunciare perfino al pane. Se la situazione non si sblocca andremo tutti verso la chiusura». Tra i più attivi c’è Emilio Liuzzi del bar Bluette che, dopo una bolletta della luce di oltre 5mila euro a fronte di una precedente di poco meno di 3mila per un’attività di 44 metri quadri, ha iniziato a tampinare tutti: «Anche distributori, centri medici, fornitori, centri estetici. Il problema non esclude nessuno e più saremo più avremo la possibilità di essere ascoltati». Sul caso è intervenuto anche Alessandro D’Amico, vice presidente nazionale e referente territoriale di Unica, che rappresenta le piccole e medie imprese: «Dopo aver letto l’ultimo decreto non sono ottimista - ammette - Credo che bisognerebbe seguire il modello della Spagna e del Portogallo stabilendo almeno un tetto massimo. Mi fa ridere che dopo la pandemia e tutto quello che abbiamo vissuto si parli ancora di aiuti alle piccole e medie imprese o che si voglia risolvere tutto attraverso il credito d’imposta, una misura totalmente inadeguata. E poi una riflessione senza alcuna polemica: non ci stupiamo, anzi ringraziamo un imprenditore che si è messo a disposizione per salvare i fuochi di San Matteo ma non diciamo una parola sul fatto che una Regione non si adoperi per aiutare le attività commerciali».  

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