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Carta, penne e oggetti rari: addio all'ultima bottega di Salerno

Dopo 35 anni il titolare Fabrizio Cardaci interrompe l'attività

Fabrizio Cardaci
Fabrizio Cardaci
di Luciana Mauro
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 29 Gennaio 2023, 09:41
4 Minuti di Lettura

«Se gli sciacalli imparassero a scrivere a macchina e le jene sapessero maneggiare la penna a sfera, probabilmente scriverebbero le stesse cose di Henry Miller, di Eliot, di Malraux e degli altri sartristi. La propaganda del delitto, della corruzione, degli istinti bestiali è indispensabile alla reazione per trasformare le masse popolari in uno strumento supino», scrive Piero Calamandrei sulla Rassegna della Stampa sovietica nel 1948. È l'anno in cui si inizia a sentir parlare in Italia della Biro, la penna a sfera inventata nel 1938 dal giornalista e critico d'arte ungherese Laszlo Birò. Si narra che Birò, osservando dei ragazzini che giocavano a bocce avesse notato come le sfere, passando su una pozzanghera, lasciassero una scia di fango dietro di loro. Gli venne, da quel particolare, l'idea di creare una piccola sfera metallica da posizionare sulla punta di una penna che ruotasse a contatto con un inchiostro denso e vischioso, che non seccasse subito a contatto con l'aria. È il primo passo che vedrà poi, nel 1954, aprire in Italia la filiale della Bic, quattro anni dopo che Marcel Bich, nato a Torino e fondatore dell'azienda, lancia in Francia la celeberrima penna a sfera.

Sono passati tanti anni, ma il fascino dell'inchiostro resiste alle moderne tecnologie. Anche se i negozi che commerciano prevalentemente penne, sono considerati una sorta di reperti storici, che hanno tanto da raccontare e ormai pochissimo da vendere. Così anche a Salerno, dopo La Casa della penna, la Cartolibreria Manzo e La Cartaria, chiude il quarto tempio della penna, nato negli anni Ottanta con tutta la passione di Fabrizio Cardaci, titolare, ancora per pochi giorni, di Cartablù, una signorile bottega di penne e oggetti rari, dove ancora si respira profumo di carta e inchiostro.

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Fabrizio è un uomo massiccio, capelli e barba bianchi e animo tenero. Ha gli occhi lucidi, mentre impacchetta le sue creature messe in svendita prima che, il 31 gennaio, chiuda i battenti dopo 35 anni di attività. Quelle mura nel cuore di via Roma, che fanno angolo con il centro storico e l'antica Dogana Regia, hanno tanti ricordi. Vi sono passati i più noti professionisti della città: notai, avvocati, architetti, giornalisti, alla ricerca della penna importante da regalare in un'occasione speciale, o semplicemente di uno strumento che meglio esprimesse la bella grafia.

Sì, perché la calligrafia, oggi, serve a ben poco. Sono i sistemi tecnologici a farla da padroni, in un mondo superveloce dove l'imperativo categorico è fare presto, risparmiare tempo. «Ma poi, tutto sommato, perché andiamo così di fretta? - si chiede Fabrizio perplesso - Io ho aperto questa attività da giovane, ho avuto a lungo un socio amico, Giovanni Di Blasi, che mi ha affiancato. Erano anni d'oro per il commercio, e insieme abbiamo vissuto una piacevole e redditizia avventura. Giunta la crisi, lui si è stancato e mi ha lasciato da solo. Vivere per quasi tutta la giornata qui dentro è diventato, all'improvviso, faticoso. Non era più la stessa cosa. Perché si era spento l'entusiasmo». E con questo importante sentimento, vanno via in pochi minuti le più preziose marche di penne stilografiche e biro, pile di carta d'Amalfi o finemente decorata, oggetti in latta dal raffinato design. Va via una vita. E la sottile tristezza, simile alla rassegnazione, è la stessa che prende in questo primo mese dell'anno tanti altri negozi, dal centro alla periferia di Salerno, che a giorni chiuderanno la saracinesca vinti più che dalla stanchezza, dalle difficoltà. Tante, troppe. Anche per chi, come Fabrizio, potrebbe scrivere il suo addio da commerciante in punta di penna. Con la malinconia di chi, tra i pochi, ha amato davvero il proprio lavoro.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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