Schiacciato dal pino nel Salernitano, dolore e rabbia ai funerali: «Non è stata una fatalità»

Schiacciato dal pino nel Salernitano, dolore e rabbia ai funerali: «Non è stata una fatalità»
di Raffaele Perrotta
Giovedì 13 Febbraio 2020, 10:18 - Ultimo agg. 10:29
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Una folla commossa ha salutato per l'ultima volta Gioacchino Mollo, il medico oculista che sette giorni fa ha perso la vita, schiacciato da un albero caduto nella villa comunale di Cava de' Tirreni, la città dove viveva con la sua famiglia e che proprio ieri, in concomitanza con i funerali, ha dichiarato il lutto cittadino. I funerali nella piccola chiesa della Santissima Trinità, a Torre Annunziata, gremita fino all'esterno, con due schermi allestiti nelle sale adiacenti la parrocchia per permettere a tutti di seguire il funerale. Tra le diverse centinaia di persone che hanno reso omaggio al dottore di origini oplontine i vertici della clinica Maria Rosaria di Pompei, dove lavorava da un trentennio, i suoi colleghi, gli amici d'infanzia e di una vita, diversi pazienti che ha incontrato durante la carriera, ma anche i piccoli alunni della scuola media Pascoli dove lavora la sorella Anna. Tutti raccolti in un momento di dolore dove sono echeggiate le accuse verso una fatalità che si poteva evitare.

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Proprio alla voce di Anna l'altra sorella Katia ha affidato una lettera che l'insegnante ha letto prima dell'inizio della funzione religiosa. «Nel 2015 nella stessa villa comunale e nello stesso posto è caduto un pino. Dopo cinque anni non abbiamo imparato nulla. La tua vita è stata soppressa, schiacciata in un attimo, perché la vita ha così poco valore. La chiamiamo fatalità, crudele destino, tragedia. La colpa alle raffiche di vento. Ma io e te lo sappiamo, tutte le persone con una coscienza ed un senso di giustizia lo sanno» ha letto Anna Mollo con una voce rotta dalle lacrime, esprimendo il senso di giustizia che reclama tutta la famiglia e gli amici. «In questo immenso dolore il cuore mi dice di perdonare gli errori, anzi gli orrori umani. Ma non ci riesco e so che tu non l'avresti fatto perché amavi la verità, la giustizia, perché eri buono dentro, eri nato per aiutare le persone e non eri capace di fare del male. Noi chiediamo giustizia per aver cancellato una vita che per noi aveva un valore inestimabile».

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Parole precedute da messaggi toccanti come quello di Giorgia, una sua piccola paziente che ha avuto in cura fin dalla più tenera età. O come quello della professoressa e scrittrice Carola Flauto, amica d'infanzia dell'oculista morto in quella che è stata una vera e propria tragedia. «Siamo tutti potenziali vittime dell'incuria, dell'indifferenza, della superficialità, dell'incompetenza, della sordità e della cecità umane ha detto la docente Siamo tutti potenziali vittime della mancanza di senso civico e quindi di noi stessi. Vittime del non detto, del non denunciato in tempo. E poi siamo tutti potenziali vittime dello scaricabarile, della difesa ad oltranza della nostra assenza confusa come impotenza».

Anche l'omelia di don Ciro Cozzolino, sacerdote della chiesa Trinità e referente locale dell'associazione Libera, non ha risparmiato accuse: «Non si può morire portando a spasso il cane. Questo non è il dolore di una famiglia, ma siamo tutti noi i protagonisti. Qui non si tratta di stabilire responsabilità ma di affermare il senso di giustizia. Lo dobbiamo fare non solo per noi ma anche per chi viene dopo» ha detto il parroco, chiedendosi: «Sono stati rispettati tutti i protocolli? Se è così sono sbagliati. Dio non c'entra nulla, la colpa sono i nostri silenzi e il nostro guardare senza agire».
 

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