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Coca alla movida a Salerno: il pm chiede 9 anni per il ristoratore pusher

Il traffico di hashish abbinato a quello della cocaina

di Viviana De Vita
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 25 Gennaio 2023, 06:30 - Ultimo agg. : 08:23
3 Minuti di Lettura

Spacciavano nel centro storico: approvvigionamenti settimanali di cocaina a cui si affiancava – ma solo come attività collaterale – lo smercio di hashish. Affondo della Procura per i cinque protagonisti dell’inchiesta dell’Antimafia, denominata “Deejay 2014”, culminata nel giugno 2016 con l’emissione di dieci misure cautelari. Ieri, all’epilogo del processo di primo grado a carico degli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario, c’è stata la requisitoria del pubblico ministero Rocco Alfano che, dopo aver ricostruito l’organigramma del gruppo, ha chiesto 9 anni per Luca Avallone, 47 anni, gestore di diverse attività di ristorazione nel centro storico della città, tra cui il ristorante “La Lampara”in via Antica Corte; 8 anni per Matteo Vitale, 44 anni, accusato di gestire con Avallone il giro di droga e ritenuto dalla Procura il “motore” del gruppo criminale; 5 anni per Nunzio Bottiglieri, 44 anni che li riforniva da Torre Annunziata; 3 anni e 3 mesi per Antonio Quaranta, 37 anni di San Mango Piemonte e 3 anni per Mariano Capparella, 50 anni, originario di Pollena Trocchia ma residente a Mercatello. L’udienza è stata quindi aggiornata alla primavera prossima quando, dopo le arringhe difensive (nel collegio gli avvocati Bianca De Concilio, Lucia Miranda, Vincenzo Faiella e Luigi Gargiulo), i giudici si ritireranno in camera di consiglio. 

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Si avvia quindi all’epilogo il procedimento giudiziario figlio della maxi inchiesta della Distrettuale antimafia che fotografò una grossa attività di spaccio organizzata dall’ottobre del 2014 e documentata dagli inquirenti fino al febbraio 2015, data in cui si conclusero le intercettazioni. Nel corso della sua requisitoria il procuratore aggiunto Rocco Alfano ha ricostruito l’organigramma del gruppo evidenziando il ruolo apicale di Avallone, «divenuto un vero e proprio punto di riferimento per lo spaccio nel centro storico» anche grazie alla sua attività di ristoratore. Il suo ristorante in largo Antica Corte fu individuato dagli inquirenti come uno dei luoghi dello spaccio di cocaina, che sarebbe stata smerciata ad assuntori e a organizzatori di serate in discoteca. Talvolta lo stupefacente veniva portato fin dentro ai locali, smerciato nei bar con una ritualità che, per la Procura, lasciavo poco spazio ai dubbi. Altre volte lo spaccio avveniva direttamente nelle abitazioni dei pusher, nell’ambito di “festini” al riparo da occhi indiscreti.Il magistrato ha poi parlato dei rifornimenti settimanali di cocaina, con quantitativi che andavano dalle dieci alle venti dosi a settimana e debiti, nei confronti dei grossisti, che non superavano i seicento euro. I guadagni del gruppo non sarebbero stati ingenti, tant’è che in qualche caso si avevano difficoltà anche a fare benzina per raggiungere in auto i fornitori. Secondo le indagini dell’Antimafia negli ultimi tempi il sodalizio si stava attrezzando per fare un salto di qualità, per allargare il giro d’affari.

Oggetto d’interesse restava la cocaina, venduta in particolare nel centro storico ma anche in altre zone della città (da Fratte ai quartieri orientali) e talora a domicilio degli assuntori. A questo traffico Avallone aveva abbinato quello di hashish, con un’attività autonoma per la quale aveva cercato nuovi fornitori. 
Il blitz scattò nel giugno 2016 all’esito di una capillare indagine. L’unico a finire dietro le sbarre fu Luca Avallone, gli altri ai domiciliari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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