Il Comune di Salerno diventa una fortezza,
porte chiuse ai cronisti dopo le inchieste

Il Comune di Salerno diventa una fortezza, porte chiuse ai cronisti dopo le inchieste
di Carla Errico
Sabato 23 Ottobre 2021, 08:00 - Ultimo agg. 19:17
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Probabilmente all'inizio è stato un moto d'ira. Un «non si passa» pronunciato d'emblèe, martedì scorso, mentre dentro al Comune si insediava la nuova giunta tecnico-politica del rieletto sindaco Enzo Napoli e fuori da palazzo Guerra scorrazzava l'inviato de l'Arena di Giletti, inseguendo politici e consiglieri per poter poi raccontare in tv - mercoledì sera - le nefandezze del sistema Salerno. Ora, però, l'ingresso del municipio della seconda città campana è sbarrato ai giornalisti da cinque giorni, e l'arroccamento dell'amministrazione è diventata una strategia scientemente perseguita. Palazzo di città come una fortezza Bastiani eretta contro l'invasore armato di taccuino e microfono? Ieri sono stati respinti oltre i cancelli i cronisti invitati da Roberto Celano, consigliere comunale di Forza Italia, ad una conferenza stampa. E il blocco fa seguito a quello già sperimentato da giornalisti e organizzatori di una rassegna - nientemeno - di musica classica. Niente, la «casa di vetro» proclamata dal neo-assessore alla trasparenza (ed ex magistrato) Claudio Tringali si è trasformata in un fortino assediato ed impaurito da un'invasione che non c'è stata e chissà se ci sarà. Proprio come a Caprera. 

Ieri qualche sito ottimista scriveva: «l'amministrazione rompe il silenzio». Perché dal municipio è arrivata una nota stampa inviata da una mail intestata al sindaco (gli addetti stampa sono in attesa di rinnovo). Titolo a stampatello: «Al Comune di Salerno si lavora». E giù l'elenco delle alacri attività in corso: piazza Libertà, Luci d'artista, nuovo ospedale, finanche i monopattini. Poi la chiosa: «Il Comune è aperto a tutti.

E, come accade in tutte le istituzioni e in tutti i Comuni, è sempre possibile chiedere e ottenere informazioni e appuntamenti con gli amministratori, in maniera civile, senza bagarre e nel rispetto delle norme di sicurezza sanitaria». Sempre possibile chiedere? Entrare, per i giornalisti, no. In barba alla reprimenda anti-censura giunta da Ordine e sindacato campani. Palazzo Guerra fortezza impenetrabile, e pure ostinatamente muti i telefoni del sindaco e dei neo-assessori tecnici. A cominciare dal già citato Tringali, che ieri ha lasciato la guida della Fondazione Filiberto e Bianca Menna, dopo l'accusa di incompatibilità lanciata 24 ore prima da Oreste Agosto dei Figli delle Chiancarelle.

Le opposizioni naturalmente ci sguazzano: dai parlamentari del centrodestra e 5Stelle che tuonano contro il «sistema De Luca», e il senatore di Fdi Antonio Iannone che giunge ad invocare dal Viminale la commissione d'accesso a palazzo Guerra. Mentre oggi Elisabetta Barone, già candidata sindaca della sinistra alternativa terrà un incontro al bar dinanzi al Comune, dopo aver presentato un esposto alla magistratura sul giallo di 395 schede elettorali che non tornano, tra voti espressi e votanti. Da dentro il fortino assediato, nulla oltre il comunicato stile Minculpop. Non parlano neanche i dirigenti del Pd, a differenza del segretario nazionale del Psi, il salernitano Enzo Maraio, che al Mattino ha affidato il suo appello a riaprire palazzo Guerra. 

Il fortino assediato e l'ossessione dell'aggressione mediatica (passata presente e futura) temuta dopo l'inchiesta choc della Procura della Repubblica di Salerno sugli appalti alle cooperative e l'ipotesi di corruzione elettorale. Tutto nasce da lì, dalle indagini deflagrate l'11 ottobre su voti e appalti del Comune. Con gli arresti domiciliari per Nino Savastano, deluchiano della prima ora, consigliere regionale ed assessore uscente alle politiche sociali a Salerno. E con l'arresto in carcere di Vittorio Zoccola, l'imprenditore ritenuto il dominus delle coop che rendono servigi all'amministrazione municipale. Poi la seconda botta, con l'inchiesta sull'audio inviato ai lavoratori delle coop in cui si chiede il consenso con toni minacciosi, «sappiamo dove votate», il giorno prima delle amministrative del 3 e 4 ottobre. La persona che parla, Gianluca Izzo, è il marito di Alessandra Francese, prima dei non eletti nei Progressisti, storica lista deluchiana. Con una mossa politicamente forte, Enzo Napoli decide di tenere fuori dalla sua nuova giunta i Progressisti, sbarrando così l'ingresso in consiglio della Francese. Scelta non indolore ma salutata da più parti quale segnale di svolta. Prima, però, del secondo sbarramento, quello che mutila il diritto d'informazione. E che trasforma la «casa di vetro» nella fortezza Bastiani di Salerno. 

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