Don Aniello, il prete in giro col megafono:
«Così resto vicino alla mia comunità»

Don Aniello, il prete in giro col megafono: «Così resto vicino alla mia comunità»
di Giuseppe Pecorelli
Lunedì 20 Aprile 2020, 06:30 - Ultimo agg. 08:31
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In questi giorni di quarantena qualcuno dice che, nelle strade di Lancusi e Bolano, popolose frazioni di Fisciano, giri una sola persona: don Aniello Del Regno, parroco della comunità dei Santi Martino e Quirico, cinquemila abitanti e, tra loro, non pochi studenti fuorisede tornati a casa. Il sacerdote abita a cinque chilometri dal paese e, ogni mattina, i carabinieri lo fermano per il consueto controllo. «Dove va?», gli domandano. «Vado a lavorare. Sono un prete», risponde. Non ha con sé né incensieri né libri di preghiere, ma tre strumenti indispensabili: una mascherina, ben calata sul viso, un aspersorio, che estrae da una sacca a tracolla per benedire, e un megafono.

«Da un mese le chiese sono chiuse – racconta – è giusto che sia così per tutelare la salute di tutti, ma intanto noi sacerdoti viviamo nell’impossibilità d’incontrare la gente. Questo è il periodo in cui benediciamo le case e, allora, ho pensato di andare comunque nei singoli caseggiati e di bussare ai citofoni. Non per entrare nelle abitazioni. Chi vuole si affaccia e io, da sotto, col megafono, rivolgo un breve messaggio. Subito dopo ognuno, con me, recita il Padre Nostro e una preghiera alla Madonna. Alla fine benedico tutti invocando salute, pace, prosperità e la liberazione dal contagio». I parrocchiani partecipano dai balconi, senza alcun assembramento. Le persone mi accolgono sempre bene. Le case sono diventate le nostre chiese: in molte c’è una messa, una preghiera. In ventiquattro ore, credo che possa “uscire pur ‘nu Rosario”». Per circa tre ore al giorno, il parroco col megafono benedice le case fermandosi agli incroci, nelle piazzole, in ogni largo dove possa essere visto meglio dalla gente. Cerca la posizione migliore, magari in uno spiraglio tra auto in sosta. Ma poi torna a casa e continua a mantenere i contatti con telefonate, messaggi Whatsapp, dialoghi su Messenger. I mezzi non mancano. E poi ha centinaia di visualizzazioni la messa serale, trasmessa in streaming sulla sua pagina Facebook.

«Anche prima camminavo per le strade – ci dice ancora – perché credo che un prete senza contatto con la comunità sia come uno sposo che non incontra la sposa. Voglio che la gente sappia che io non sono andato in vacanza e che il parroco è sempre presente per tutti. In questi giorni la comunità si è un po’ allargata e so che seguono le celebrazioni anche amici e parrocchiani lontani. Qualcuno da New York, altri da Bergamo. Mi dicono che ancora sentono il suono delle sirene delle ambulanze e continuano ad avere paura. Un mio parrocchiano di Milano, che lavora in una casa di cura milanese, è ricoverato al San Paolo e stiamo pregando per lui. Mi ha detto che comincia a stare meglio».
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