Crescent, le motivazioni dei giudici
d'Appello: accuse troppo generiche

Crescent, le motivazioni dei giudici d'Appello: accuse troppo generiche
di Petronilla Carillo
Sabato 20 Novembre 2021, 06:10 - Ultimo agg. 06:48
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Sono raccolte in 102 pagine le motivazioni dei giudici della Corte d’Appello (presidente Patrizia Cappiello, a latere Silvana Clemente e Mariella Ianniciello) che, a luglio scorso, hanno assolto tutti gli imputati. Su 22 che furono rinviati a giudizio, due sono deceduti mentre per 15 è intervenuta la prescrizione per il reato di abuso d’ufficio. Per il governatore Vincenzo De Luca (difeso dagli avvocati Paolo Carbone ed Andrea Castaldo) è stato prescritto anche il reato di falso, relativamente a un atto che riguarda, appunto, la lottizzazione.

Ora i magistrati spiegano il «loro» perché. E ne hanno per tutti: procura, difese e persino parti civili lasciando intendere come sia stato un processo pressocchè inutile.

Non lo dicono apertamente ma, di fatto, contestano tutti i motivi di ricorso. A partire da quella che viene definita «assenza materiale, nella sentenza impugnata, della contestazione di falso atteso che nella pronuncia, manca il capo di contestazione del reato - precisando - che si deduce al riguardo il vizio di nullità della decisione di primo grado e si precisa che la omissione in questione non possa ritenersi superata dalla lettura del contenuto complessivo della sentenza in quanto la motivazione della pronuncia si incentra sulla esclusione della natura fidefaiciente dell’atto».

L’atto in questione è quello che autorizza il Comune di acquisire, a prezzo agevolato, le aree per realizzare il progetto «Fronte del mare». I giudici non disdegnano di fare un excursus giuridico facendo dettagliati riferimenti a sentenze della Cassazione o a precedenti deliberati del Consiglio di Stato sulla questione Crescent abbandonandosi a qualche riferimento tecnico soltanto nello spiegare l’imputazione contestata. In linea di massima il collegio del presidente Cappiello lascia intendere che, nonostante il rinnovato dibattimento, nulla in più è stato apportato rispetto al procedimento di prima grado. Da nessuna delle parti.

Il riferimento è relativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica avente ad oggetto il progetto relativo al Pua. Secondo la Corte, il ricorso dei pm Guglielmo Valenti e Rocco Alfano è inammissibile per «carenza di interesse attuale e concreto». E se anche i reati paesaggistici, al momento del processo in Appello, non erano ancora prescritti, secondo la procura, la richiesta di modifica della sentenza di primo grado non risponde a tre criteri che sono stati sanciti dalla Corte di Cassazione: concretezza dell’interesse, rispondenza di tale interesse ad una ragione esterna al processo e la natura obiettivamente riconoscibile di tale interesse. 
REATI PAESAGGISTICI
Riguarda la contestazione mossa dalla procura relativamente alla «sostanziale assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed ambientale» per realizzare l’edificio. Per la Corte il punto nodale della questione è verificare cosa si intenda per «assenza» dell’autorizzazione. L’illegittimità dell’atto, secondo i giudici, sarebbe palese se proviene da un soggetto «assolutamente privo di potere» ovvero, deve essere individuato «un contrasto con norme imperative che determini la giuridica inesistenza o nullità dell’atto». In questa circostanza, invece, secondo i giudici l’illegittimità riguarda il solo iter formativo dell’atto stesso pertanto «non configura reato anche perché «il giudice penale non può sindacare e censurare, attraverso il vaglio di legittimità, valutazioni rientranti nella sfera tecnica». 

Gli appelli proposti da Italia Nostra e No Crescent, per una riforma della sentenza di primo grado, sono anche questi «generici e privi di indicazioni dei motivi specifici». Mentre quello proposto dai legali di De Luca è «infondato» mentre ritengono il quadro probatorio «incerto».

«Non è consentita» in quanto il giudice penale non può intervenire quando vi è una legittima determinazione dell’autorità amministrativa, «esclusiva ed unica titolare del potere di programmazione edilizia» e che può intervenire «ex post» sanando una situazione di pregressa lottizzazione abusiva. 

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