Crescent Salerno, storia infinita:
nuovo ricorso in Cassazione

Crescent Salerno, storia infinita: nuovo ricorso in Cassazione
di Petronilla Carillo
Martedì 10 Maggio 2022, 06:10 - Ultimo agg. 14:03
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Crescent, processo senza fine. La procura di Salerno e le parti civili (le associazioni Italia Nostra e il comitato No Crescent) ricorrono in Cassazione. Il ricorso è stato depositato, ora si attende soltanto la fissazione dell’udienza che, verosimilmente, dovrebbe svolgersi a settembre. Il nodo da sciogliere, secondo i magistrati inquirenti, è quello relativo alla confisca della struttura che va oltre la sentenza di assoluzione o di prescrizione dei reati. Secondo invece le parti civili ci sarebbero delle motivazioni, portate a processo, che sarebbero state «ignorate» dai giudici della Corte d’Appello. Il ricorso alla Suprema Corte arriva a quasi un anno dalla sentenza di secondo grado che, confermando la prima, ha assolto tutti. Il governatore De Luca ed un altro imputato per prescrizione. 

Sembra dunque esservi una storia senza fine.

Bisogna ora vedere quali saranno le prove che procura e parti civili porteranno in processo. Probabilmente anche la vicenda della variante del Fusandola e della relazione tecnica che sostiene un altro processo in corso di svolgimento a Salerno e che non fu inserita dai giudici di Appello tra le fonti di prova. 

L’inchiesta arrivò alla svolta con la notifica degli avvisi di garanzia nel novembre del 2013 all’allora sindaco Vincenzo De Luca, alla sua giunta del 2008, ad imprenditori e tecnici coinvolti nella realizzazione della più grande opera infrastrutturale di Salerno, quella che avrebbe dovuto riqualificare l’intero litorale del centro cittadino. Ventidue persone in tutto. Le indagini, che hanno poi portato ad una serie di altri procedimenti giudiziaria, presero il via dopo le denunce presentate dagli ambientalisti: associazione Italia Nostra, comitato No Crescent, Figli delle Chiancarelle. Denunce abbastanza circostanziate che convinsero la procura e che avrebbero consentito di trovare appigli in alcune presunte anomalie amministrative tali da chiedere ed ottenere il processo. Parte da qui il primo, importante, terremoto giudiziario che scosse il palazzo di città, ed accese le luci dei riflettori sulla mezzaluna firmata Bofill aprendo la stagione «nera» per l’intero progetto Crescent e mettendo sul capo di Vincenzo De Luca, durante la campagna elettorale per le regionali, la scure della legge Severino. L’inchiesta Crescent, nel corso degli anni, si è però rivelata un vaso di Pandora che, una volta tolto il coperchio, ha trascinato nel vortice giudiziario anche il progetto di realizzazione della piazza antistante il Crescent, e poi le varianti al piano edilizio. Prima quella di piazza della Libertà, che ha visto nuovamente a processo il governatore De Luca, e che è ancora in fase dibattimentale, quindi quella del torrente Fusandola, ovvero lo spostamento del corso d’acqua per consentire la realizzazione di piazza ed edificio. Ci fu poi il cedimento di un’area della piazza, che il giudice nella sua sentenza definì «destinata al crollo», il cui procedimento giudiziario terminò con la condanna dei due collaudatori. Ma, per un procedimento concluso, un altro è ancora nel vivo: quello sulla variante a piazza della Libertà, appunto, che vede tra gli imputati anche il governatore Vincenzo De Luca sempre per ipotesi di reato commesse quando era sindaco di Salerno. Mentre il processo Fusandola ha già un suo condannato, un tecnico uscito dal dibattimento per aver chiesto l’abbreviato. 

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La prima udienza del processo di primo grado prende il via a febbraio del 2015 tra polemiche ed eccezioni. Cinquantasette legiornata di dibattimento. Tre anni di processo, lunghissime sedute tecniche per ascoltare i periti della procura e delle parti. Poi, a settembre del 2018, la sentenza dopo oltre otto ore di camera di consiglio. Il verdetto: De Luca e tutti gli altri imputati assolti. Nessuna confisca per il Crescent. Poi l’appello cin udienze che si sono svolte, per la maggior parte durante il periodo pandemico, spesso a porte chiuse nell’aula bunker del carcere di Fuorni per garantire le misure di sicurezza per giudici, cancellieri ed avvocati. 

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