Bambina mulatta derisa in classe a Salerno: «Tuo padre è un vu cumprà»

Bambina mulatta derisa in classe a Salerno: «Tuo padre è un vu cumprà»
di ​Silvia De Cesare
Domenica 17 Dicembre 2017, 06:35 - Ultimo agg. 10:46
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È tornata a vivere a Salerno dopo aver vissuto sette anni in Olanda. Una scelta dettata dal cuore e dalla volontà di una madre 36enne, che in questa città è nata e cresciuta, di assecondare il desiderio della figlia. Un rientro a casa ricco di aspirazioni e sogni, riscaldati dalla certezza di ritrovare gli affetti più cari, come la famiglia, e consapevole di dover affrontare nuove sfide. La mamma è giovane ma ha le spalle forti, la figlia ha appena 12 anni e la sua è una generazione complicata. Bella, alta, occhi nocciola e capelli riccissimi e una splendida pelle mulatta, perché il papà è americano con discendenze cubane. E quel colore è pe la ragazzina diventato motivo di scherno da parte delle compgane di classe. Non va a scuola da una settimana perché «mi odiano tutti» ha raccontato. 

L’episodio scatenante si è verificato martedì scorso. Una supplente di matematica, al momento dell’assegnazione dei compiti, decide di dispensare lei e una sua compagna, un’amorevole cinesina, dallo studio di una pagina. Una pagina in meno di scienze per agevolarle nell’apprendimento e non caricarle troppo (date le ovvie difficoltà con la lingua). Dopo questa decisione inizia l’agitazione tra i banchi. I compagni non ci stanno e si ribellano, leggendo quell’attenzione didattica come una scorrettezza nei loro confronti, un favoritismo nei confronti delle due ragazzine. E cominciano ad ingiuriare. Ad avere la peggio è la 12enne tornata dall’Olanda, tacciata di essere un’immigrata, una sudafricana. «Tuo padre vende i braccialetti sulla spiaggia», incalzano. La piccola, esasperata, sbotta e dice di essere stufa di queste «parole razziste» che subisce da settembre. Infila velocemente le sue cose nello zaino e prima di lasciare l’aula (si assenterà per pochi minuti) ribadisce: «Io sono cubana». Poi torna, sperando che si sia trattata dell’ennesima brutta caduta di stile dei suoi compagni, e invece no. Scopre che sono loro ad essersi offesi ed incalzano dicendo: «la razzista sei tu».

La professoressa, interpellata sull’accaduto, racconta di non aver sentito nulla. Ma ci sarebbero delle registrazioni audio in cui i ragazzi raccontano passo passo tutto l’accaduto e, con l’ingenuità che per fortuna contraddistingue ancora qualcuno di loro, non fanno mistero di chi ha detto cosa. Ma non è tutto. Quando la ragazzina è tornata a casa e si è sfogata con la mamma, la reazione di quest’ultima è stata lucida e composta, ma a nulla è valso. 

«Care mamme – esordisce con un messaggio sul gruppo di scuola – vorrei raccontarvi un episodio spiacevole... Mi rendo conto che sono ragazzini, però». Di qui il putiferio. Tra un «come ti permetti» e un «ma quando mai» si consuma la sagra dell’omertà
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