Don Franco Fedullo morto a Salerno:
«Addio, guida per i ragazzi e i poveri»

Don Franco Fedullo morto a Salerno: «Addio, guida per i ragazzi e i poveri»
di Giuseppe Pecorelli
Martedì 1 Febbraio 2022, 06:05 - Ultimo agg. 15:50
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È il senso dell’incredulità e dello spaesamento a sentirsi palpabile nella cattedrale di Salerno, dove ieri pomeriggio don Alfonso Raimo, vicario generale di Salerno-Campagna-Acerno, presiede i funerali di monsignor Franco Fedullo, scomparso domenica mattina in ospedale per le conseguenze del contagio da Covid 19. Per tanti salernitani è morto un padre e molti vogliono rendergli l’ultimo saluto tanto che la navata centrale, anche per via delle limitazioni determinate dalle misure sanitarie, non riesce a contenere tutti e la distesa di fedeli arriva fino al quadriportico esterno. Tra loro sono i parrocchiani di Santa Maria della Porta e San Domenico, dei quali è stato pastore sin dal 1999, così come, di certo, alcuni dei 1153 bambini, molti oggi adulti, venuti al mondo grazie all’opera del Centro per la vita “Il pellicano”, che don Franco fondò nel 1983 insieme a Luisa Alfinito e che lavora ogni giorno per aiutare le mamme a portare avanti la gravidanza e a non cedere alla tentazione dell’aborto.

E poi i poveri più poveri, quelli che bussavano a ogni ora alle porte di San Domenico per chiedere alimenti, pannolini o vestiti e trovavano, a dar loro aiuto, un sacerdote dalle “scarpe rotte” e dai “pantaloni di lana in estate” e “di cotone in inverno”, come ricorda, in una testimonanianza letta alla fine del rito, don Carlo De Filippis. L’arcivescovo Andrea Bellandi è all’estero per un corso di esercizi spirituali, ma fa sentire la sua vicinanza alla Chiesa salernitana ferita: «Il nostro don Franco, servo buono e fedele, come dice il Vangelo - scrive in un messaggio - è reso ora partecipe della gioia del suo Signore, quel Dio che ha riconosciuto, amato e servito soprattutto nel volto dei più poveri. Per un misterioso disegno della Provvidenza, appare significativo che la sua morte sia avvenuta nel giorno in cui si fa memoria della risurrezione del Signore, quando la vita ha vinto la morte. E che i suoi funerali si celebrino nel giorno della nascita al cielo di San Giovanni Bosco, un santo sociale che ha speso la vita per l’eduzione dei giovani e l’aiuto dei più derelitti. Una figura, quella del Santo torinese, che don Franco ha particolarmente amato e pregato. Possa accompagnarlo al cospetto del Signore e possa la testimonianza della vita di don Franco portare ulteriori frutti di bene e di generosa offerta di noi stessi». Il sacerdote era diventato anche modello di riferimento per i confratelli o per quei ragazzi che cercavano di capire se fossero davvero chiamati al sacerdozio. Numerose le vocazioni nate proprio a San Domenico. E non è un caso che, a tenere l’omelia, sia don Mauro Gagliardi, che racconta come, a sette anni, avesse servito la prima messa da ministrante proprio a don Franco, visto come esempio. 

Tanti gli aneddoti che tornano alla mente: l’incontro con dei bambini che giocavano in via Avenia, ai quali chiese di sospendere un minuto la partita per recitare l’Ave Maria; il dirsi monarchico per poi affermare di aver “deciso di servire il re dei re”; il lasciarsi ispirare, nel vivere, alla condotta degli antichi cavalieri. E poi la premura con la quale aveva “entusiasticamente aderito” all’associazione “Opera del Gregge del Bambino Gesù” e la scelta preferenziale per i bisognosi, anche nel ministero di direttore diocesano della Caritas. «S’interessava alla salvezza eterna dei poveri - ricorda don Gargliardi - quando le circostanze lo permettevano, ricordava ai bisognosi di andare a messa o chiedeva da quanto non si confessassero». «Da don Franco - conclude - dobbiamo apprendere lo spirito di sacrificio e l’abnegazione nello svolgimento del dovere, l’appianare le difficoltà per risolvere i problemi, il vivere la fede in modo appassionato». Al termine, dopo la lettura di un messaggio del cardinale Agostino Vallini, che ebbe don Franco come allievo “dotato e buono”, don Raimo benedice la salma mentre decine di sacerdoti, tra gli altri l’arcivescovo emerito Luigi Moretti e l’amico fraterno don Pietro Rescigno, suo vicario a San Domenico, danno con sguardo silenzioso un grato e ultimo saluto. 

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