Rigetto e conferma della sentenza di condanna per droga a carico di un uomo di Sant'Egidio del Monte Albino, di 55 anni, coinvolto nell'operazione anti spaccio «Barbiere di Siviglia», concentrata su di un gruppo di rivenditori attivi sul territorio di Angri. L'uomo era stato condannato in Appello nel 2019, ad una pena di 1 anno e 8 mesi e seimila euro di multa. Così come in primo grado. In particolare, l’inchiesta lo accusava in concorso di un possesso di droga insieme ad un uomo che svolgeva la professione di parrucchiere, insieme ad altri complici individuati. Le cessioni individuate riguardavano, proprio a carico dell'imputato, uno scambio e rivendita di 500 grammi di hashish, con i fatti riferiti all’ottobre 2012. La difesa aveva contestato nel suo ricorso il contenuto delle intercettazioni ambientali nei riguardi dell'uomo ritenuto promotore del gruppo di spaccio, registrato in carcere mentre discuteva di crediti da riscuotere anche dall'attuale imputato. Si trattava di un acquisto di una partita di hashish.
Per la Cassazione il contenuto delle intercettazioni costituisce tuttavia piena prova, in quanto confortata da elementi di chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità. Il difensore puntava anche su vizi di motivazione, con indecifrabilità e incompletezza dei colloqui, ma la Suprema Corte ha ritenuto diversamente, dichiarando «il ricorso inammissibile, in quanto i difensori si sono limitati a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata».