Droga, affari d'oro per il clan Persico:
profitti fino a 4mila euro al giorno

Droga, affari d'oro per il clan Persico: profitti fino a 4mila euro al giorno
di Petronilla Carillo
Mercoledì 10 Giugno 2020, 06:55 - Ultimo agg. 08:47
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«Patrizio (Cerrito, ndr) i 3.000 euro te li ha dati?». «Cosa?». «Antò... Patrizio, quello di Fratte». «Non ti preoccupare, ho tutto segnato». Durante i colloqui in carcere Ciro Persico gestiva attraverso il fratello Antonio e la moglie Carmela Barone i propri affari di droga. Le sue conversazioni sono state intercettate dai carabinieri di Salerno e sono finite nel fascicolo che, ieri mattina, ha portato all’arresto di 38 tra capi-organizzatori e pusher. È sempre Antonio Persico che avvisa il fratello dell’avvenuto recupero di una parte della somma: duemila euro che Cerrito aveva consegnato a Iannone e che a sua volta, questi, era riuscito a dare in parte a lui, Antonio, il giorno prima di essere arrestato. Per quanto riguarda un altro credito vantato con tale Arturo – non meglio identificato dagli investigatori - Antonio riferisce a Ciro che il recupero non era andato a buon fine e che era riuscito ad avere soltanto 150 euro. In un’altra intercettazione, invece, Ciro Persico invita la moglie a «non chiedere altro denaro a Davide Fierro per le partite di droga non pagate perché Antonio lo avrebbe dovuto convocare a casa sua in quanto il denaro doveva essere consegnato ad Eugenio Siniscalchi», quest’ultimo era il cassiere del gruppo.
 


Quattromila euro al giorno. Secondo i carabinieri del maggiore Castellari e del capitano Semboloni, era questo il profitto del mercato della droga nel capoluogo. Un mercato gestito in prima persona da Ciro Persico che, proprio nel centro storico, in via Masuccio Salernitano, aveva anche il suo deposito. Lui stesso, con la vendita a dettaglio, da solo riusciva a incassare 1.300 o 1.500 euro alla settimana. Un «sistema», quello adottato dal gruppo criminale, che andava bene così come ideato, con una precisa ripartizione di competenze. Tant’è che lo stesso Persico, nello stringere rapporti con altri capi della provincia, consiglia loro di adottare il «metodo Iavarone» con la vendita di hashish: procedere a vendite grosse quando sul mercato c’è carenza di merce. 

Pronti a soddisfare qualsiasi esigenza, dal crac al cotto, dalla cocaina all’eroina e finanche al fumo, erano due i canali di approvvigionamento all’ingrosso della sostanza. In un primo momento è Luigi Iavarone a tenere i contatti con un gruppo di Crotone, in Calabria, con il quale era riuscito a stringere un accordo: una partita di eroina regalata per ogni acquisto all’ingrosso di cocaina.
Un «affare» che faceva gioco a tutti: in questo modo si poteva rimettere sul mercato l’eroina e creare nuova assuefazione poi, magari, il prezzo veniva riportato in alto. Altro canale, quello più recente, quello di Torre Annunziata. E, anche se i rapporti erano tenuti da Iavarone, c’era sempre il contributo operativo di Antonio Noschese. 

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