«Fatale una diagnosi sbagliata»,
due medici rinviati a giudizio

«Fatale una diagnosi sbagliata», due medici rinviati a giudizio
di Nicola Sorrentino
Domenica 2 Giugno 2019, 06:45 - Ultimo agg. 07:32
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Vi sarebbe una diagnosi errata dietro il decesso di Raffaele Granata, il 37enne di Scafati deceduto all’ospedale di Nocera Inferiore, il 12 marzo 2016. Il gup ha rinviato a giudizio due medici, per omicidio colposo, accusati di «imprudenza, imperizia e negligenza». L’uomo, figlio di un ex consigliere comunale, giunse all’Umberto I, in pronto soccorso, alle ore 12.30 circa. Secondo la perizia della parte civile, fu prima ospedalizzato in codice giallo, poi gli fu prelevato del sangue per delle analisi. Dopo circa due ore, fu condotto nella sala per ecografie, e intorno alle 15.50, gli fu somministrata una seconda flebo. Il 37enne avrebbe presentato una forma di cirrosi. Le sue condizioni però peggiorarono, tanto che alle 16.15 fu condotto nella shock room per un edema polmonare acuto, al quale seguì un arresto cardiaco, che alle 16.50 gli fece esalare l’ultimo respiro.

La tesi della procura aveva inizialmente escluso responsabilità mediche, configurando il decesso quale conseguenza di uno «stato settico in paziente cirrotico». Diversa la tesi della famiglia, con una seconda perizia, il cui contenuto è stato accolto dal gup Leda Rossetti, che ha mandato i due medici sotto processo. In sostanza, secondo quella consulenza, i due medici avrebbero omesso di diagnosticare un’insufficienza renale acuta, dovuta all’abuso di antinfiammatori, con conseguente ritenzione idrica. In un paziente, tra l’altro, con «cirrosi epatica scompensata». In ragione di ciò, avrebbero poi omesso di praticare un trattamento «emodialitico extracorporeo» che sarebbe servito a ridurre la ritenzione idrica e a superare la fase acuta, che sfociò invece in un edema polmonare e poi nel «conseguente arresto cardiaco».
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