La notte senza luna esalta la suite Romeo e Giulietta di Prokofiev. Il direttore d'orchestra è senza bacchetta. Come se sentisse uscire la musica dalle mani. E al pubblico di Ravello concede il bis. Fa ascoltare Prélude a l'après-midi d'un faune, struggente Debussy, il brano proposto appena un mese prima della pandemia al teatro San Carlo. Un anno e mezzo dopo, tra mascherine e gel igienizzanti, Valery Gergiev chiude così la stagione sinfonica del festival tra gli applausi.
Non è un deja vu. Per lo “zar” del Mariinskij, si tratta di un ritorno a casa: arrivò a Villa Rufolo nel 1997, la prima volta, per un “Parsifal” con Placido Domingo. Ora Alessio Vlad, il direttore artistico figlio di quel Roman a cui la kermesse deve tanto, vuole trasformare l'evento in appuntamento fisso. E si capisce perché.
Le due serate sono sold-out e richiamano storici fan dalla Russia e giovani studenti di Cambridge, signore eleganti provenienti da Bologna e da diverse altre città italiane. Prenotazioni a 5 stelle. «Siamo in costiera proprio per i concerti, i biglietti li abbiamo presi tramite l'associazione “Sipario musicale” che provvede a tutto, dagli spostamenti all'hotel, andiamo anche in giro», sorridono e raccontano in fila, lodando l'una dell'abito dell'altra. 288 posti tutti occupati l'80 per cento da stranieri.
Ospiti d'onore: Alessandro Baricco, in vacanza con la pianista Gloria Campaner e, il giorno prima, il giovane tenore Vittorio Grigolo e la modella Stefania Seimur. Non si vede, invece, il notaio Dino Falconio, il nuovo presidente della fondazione del festival dopo il commissariamento e i veleni. In fondo c'è l'imprenditore Marco Zigon. Lo saluta il vicepresidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, accompagnato dall'avvocato Felice Lentini che guida il comitato di indirizzo di Ravello, e l'intera platea apprezza la sinfonia numero 9, “La Grande” di Schubert.
Il repertorio tiene insieme classici e romantici con i compositori russi del ventesimo secolo. Ed è il più suggestivo e straordinario momento di normalità. Funziona alla perfezione, sin dalla piazza, la macchina dei controlli per verificare il Green pass. Appena varcati i cancelli, è obbligatoria la pulizia delle mani. E poi, la misurazione della temperatura. Ma, una volta fuori, si rientra nel caos.
Assembramenti alle fermate della Sita, gli autobus che non passano a orario o sono strapieni, e località turistiche nei paraggi che distano meno di 10 chilometri richiedono tempi esagerati di percorrenza. Persino un'ora e mezza, a causa del semaforo che regola il traffico ed evita incidenti. Alla fine, è quasi inevitabile la trattativa per prendere un taxi, visto che i prezzi sono variabili e schizzano alle stelle. Al di là delle tariffe segnate sulle tabelle o pubblicizzate online. “Ottanta euro per Amalfi, 120 per Positano”, strilla un autista. I passeggeri si radunano e promuovono una colletta. Covid o non Covid, la vettura si riempie. E, d'improvviso, spunta la luna sul belvedere.