Giffoni, Erri De Luca usa la mascherina:
«E mi sono vaccinato per responsabilità»

Giffoni, Erri De Luca usa la mascherina: «E mi sono vaccinato per responsabilità»
Martedì 27 Luglio 2021, 16:18 - Ultimo agg. 20:49
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«Mi sono vaccinato e uso la mascherina perché è una manifestazione di responsabilità civile. Fin quando nessuno toccherà l'articolo 21 della Costituzione, la libertà di tutti è garantita. Le limitazioni dettate dal Covid non hanno nulla a che vedere con il concetto di libertà che per me è associata alla libertà di parola e di espressione». Lo ha detto lo scrittore Erri De Luca ospite oggi del Giffoni Film Festival soffermandosi sulle polemiche relative alle restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria.

Lo scrittore ha poi parlato anche della scrittura, della felicità, della politica, della pandemia, del futuro.

Temi che De Luca ha affrontato con i ragazzi riuscendo, ancora una volta, a ritagliare un tempo sospeso dove la parola, nelle sue molteplici declinazioni, è stata l'assoluta protagonista. «La classe dirigente - ha detto - teme il voto dei giovani e invece dovrebbe decadere quello degli anziani. Io faccio finta di venire qui per parlare, in realtà vengo a Giffoni per ascoltare. I giovani saranno gli artefici di un futuro da ricostruire dopo i danni che noi adulti negli anni abbiamo accumulato». «Più si legge e più si diventa proprietari della propria lingua - ha aggiunto - Credo che il motivo per cui ho iniziato a scrivere è perché da adolescente avevo difficoltà di comunicazione. Se sei una persona socievole, la scrittura può diventare un accessorio, altrimenti è una necessità. Quindi per me è stato il modo per cercare di superare le mie occlusioni. Ma non sono state le parole scritte a liberarmi, quanto invece il recupero della socialità, il parlare alla mia generazione, quella che ho trovato a sbarrare le strade per rivendicare diritti. Ecco, quella generazione mi ha rivoltato come un guanto e mi ha permesso di appartenere a una comunità».

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 Ma come si immagina Erri De Luca il post pandemia? «Mi immagino che non finisca - ha spiegato - Nelle epoche precedenti le pandemie si esaurivano per l'estinzione del virus che non poteva più circolare. È stato così per la peste del '300, che ha portato via un terzo della popolazione. Quando ci si chiude in casa l'epidemia non circola, noi però viviamo in un mondo che non può permetterselo, dunque il virus continuerà a circolare con tutte le sue varianti. Sono convinto del fatto che abbiamo inaugurato l'epoca delle epidemie permanenti. E la conversione sarà realizzata da chi oggi ha quindici anni. Questa generazione è già il futuro. Amo Giffoni per questo: è il luogo ideale per ascoltare i ragazzi».

A chi gli ha chiesto del suo rapporto con la scrittura De Luca ha detto: «Non sono un impiegato, non scrivo tutti i giorni, lo faccio quando lo sento perché è un momento di felicità e non una costrizione. Credo che chi lo fa per pagare le bollette alla fine si ritroverà in bolletta: il pubblico non è stupido e lo capisce. E poi credo di essere tra i pochi a scrivere ancora a penna, su un quaderno a righe. La mia mano è il direttore d'orchestra e la sua andatura governa tutta la frase. Il mio pensiero non la incalza, hanno insieme una andatura lenta che scorre di riga in riga. L'unico che conosco che fa così è il mio amico Mauro Corona»

Sulla scia del motto di questa edizione «Un grido di felicità», i ragazzi del Festival hanno chiesto a De Luca la sua idea di felicità: «Sulla felicità non possiamo contare. Durante la giornata sono spesso felice, ma per brevissimi istanti. Sono scintille che mi fanno aprire gli occhi. Nella Costituzione americana è sancito il diritto alla felicità che Franklin prese in prestito dal napoletano Gaetano Filangieri. Questo è molto bello, però la felicità deve essere un dovere, ognuno dovrebbe cercare di essere felice. È un esercizio: quanto più ci si allena, tanto più si riesce ad afferrare i suoi granelli».

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