Giffoni, Gino Strada ospite di «Impact!»:
«Impensabile un futuro con la guerra»

Giffoni, Gino Strada ospite di «Impact!»: «Impensabile un futuro con la guerra»
Venerdì 23 Luglio 2021, 18:54
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«Facendo il chirurgo sono arrivato alla conclusione che il mio nemico è la guerra». Gino Strada, fondatore e anima di Emergency, è stato il protagonista di uno degli incontri più partecipati di IMPACT!, dialogando con i giffoner di diritti umani, utopie da realizzare, emergenze legate all'attualità.

«Reputo impensabile un futuro che compendi i conflitti bellici – ha detto – Fino alla seconda guerra mondiale, tutte quelle che l'hanno preceduta non ci ponevano di fronte all'idea di futuro, indipendentemente da chi vincesse o perdesse.

Con l'avvento della bomba atomica le cose sono cambiate. E oggi Hiroshima è poco più di un petardo rispetto a quello che l'uomo è riuscito a creare. L'ipotesi di un conflitto termonucleare significherebbe radere al suolo l'umanità, così come siamo abituati a concepirla. Per questo non abbiamo scelta: bisogna vivere senza guerre. Purtroppo i nostri politici non ne hanno cognizione. Ed è una questione di coscienza, non di trattati. Per questo dico a voi giovani di farvi portavoce di questo importante messaggio. I più anziani non lo capiscono. Non comprendono che distruggere l'altro equivale a demolire se stessi al di là dello specchio».

Tantissime le domande dei ragazzi, che hanno chiesto a Strada anche una sua opinione in merito all'emergenza sanitaria. «Noi di Emergency abbiamo fatto tesoro del lavoro sul campo con Ebola, nel 2005. Quando ci siamo trovati per la prima volta di fronte a questi ammalati, il diktat che avevamo ricevuto era dont' touch, non toccateli. Praticamente venivano lasciati morire, confinati. La nostra risposta è stata: noi le persone le curiamo. Ecco perché quando ci hanno chiesto una consulenza per la gestione del Covid, non abbiamo avuto esitazioni, sapevamo già quello che andava fatto».

La riflessione di Strada, come sempre, è lucidissima: «Il Covid è stata un'opportunità di cambiamento. Ma mi sembra che già non se ne parli più. Ora si pensa solo alla gestione degli affari correnti».

Incalzato dai giffoner, il fondatore di Emergency ha poi sferrato un duro attacco alle politiche che tendono a criminalizzare le Ong: «Non è solo retorica. È una pratica quotidiana che in Italia è iniziata qualche anno fa con la pretesa di far firmare accordi sui salvataggi in mare e poi si è esteso a tutti gli interventi umanitari finiti sotto accusa. Come contrastare questo meccanismo? Continuando ad aiutare, non vedo altra soluzione. È un atto dovuto. Fin quando non ci rendiamo conto che il barcone che affonda in mare non è la normalità, non cambierà nulla. È un crimine a tutti gli effetti, che segna un confine tra l'essere umano e l'essere che umano non è. Sono fermamente convinto del fatto che occorra fare pressing sul Governo per rivedere le politiche di accoglienza dei migranti».

E il futuro? «Ancora oggi sono convinto che il comunismo sia una assoluta necessità. O condividiamo quello che abbiamo oppure qualcuno sarà costretto a usare violenza. E io di questa violenza ho paura».

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