«Guarita dal coronavirus, è stato un incubo:
quante falsità su mia figlia tornata dal Nord»

«Guarita dal coronavirus, è stato un incubo: quante falsità su mia figlia tornata dal Nord»
di Paola Florio
Mercoledì 8 Aprile 2020, 06:20 - Ultimo agg. 08:01
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Guarisce dalla Covid-19 e torna a casa dalle figlie. La bella notizia arriva da Fisciano. Anna Delli Priscoli, quarantotto anni, è rientrata nella sua abitazione lunedì dopo quasi un mese in ospedale. Tutto comincia all’inizio di marzo: sul posto di lavoro è infastidita da qualche colpo di tosse. Basta una caramella per fargliela passare. Nulla di preoccupante. Lei non ci pensa nemmeno. Era martedì 10 marzo. Il giovedì sera un po’ di stanchezza la porta a misurare la temperatura. Ha la febbre. Prende un antipiretico e i parametri si abbassano, ma lei resta a casa. Non va a lavorare il giorno successivo e il sabato si reca all’ospedale di Sarno. Una decisione dettata dalla conoscenza che lei ha di quel nosocomio visto che lavora presso una cooperativa che svolge mansioni di pulizie in quella struttura, così come al campus universitario. L’iter stabilito per chi ha sintomi influenzali è il pre- triage. Prima nella tenda e dopo al pronto soccorso dove le fanno una tac. Le notizie non sono buone. Anna ha una polmonite interstiziale bilaterale. Le fanno il tampone che rivela l’esito positivo al Covid-19. «Adesso che faccio» ha pensato con il timore di non farcela. Nella stessa serata la trasferiscono all’ospedale di Nocera e il giorno dopo al Ruggi di Salerno. 
 

Inizia la terapia, che è differente per ciascun paziente, in base ai sintomi. Lei ha solo un po’ di tosse, mal di gola e male ad un orecchio. Nei giorni successivi sembra che le cure comincino a fare effetto. Reagisce bene, ma la polmonite è seria e necessita di attenzione. «Ho avuto paura – racconta Anna – Vedevo persone che stavano bene aggravarsi in poche ore. Venivano intubate e trasferite in terapia intensiva. Non ne ho saputo più nulla. Ho vissuto con il terrore. E se fosse capitato anche a me? Pensavo alle mie figlie a casa da sole. È vero sono grandi (la primogenita ha 24 anni e studia ad Isernia, la seconda ha 21 anni e studia e lavora a Milano), ma il mio pensiero andava sempre a loro». 

In quei giorni si rincorreva l’ipotesi che fosse stata proprio la figlia rientrata da Milano ad averla infettata. Nulla di più sbagliato. La giovane, infatti, sottoposta al tampone, è risultata negativa. Voci e chiacchiere che hanno ferito ancor di più la donna già provata dalla malattia. «Dopo tutto quello che è stato detto – dice – finalmente la mia vittoria contro le cattiverie della gente». Adesso Anna è a casa. Per il momento è in quarantena obbligatoria. Vive nella sua stanza con annessi servizi. Ancora non ha potuto abbracciare le sue figlie (sebbene vivano nella stessa abitazione senza incontrarsi), ma il solo guardarle dal balcone «è una sensazione bellissima». Il 20 aprile si sottoporrà, da prassi, ad un altro tampone. Un ulteriore prova della sua guarigione. La prima cosa che farà? «Vivere le mie figlie».
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