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Guerra tra bande, pena ridotta
in Appello: non c'è aggravante mafiosa

di Nicola Sorrentino
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 14 Febbraio 2022, 07:31 - Ultimo agg. : 19:50
3 Minuti di Lettura

«La vicenda può e deve essere interpretata non come emblematica di un'evocazione astratta di poteri mafiosi ma come un episodio, seppur grave, di ordinaria criminale gestione di gruppi associativi». Con queste motivazioni i giudici della Corte d'Appello di Salerno - presidente Vincenzo Di Florio - hanno fatto cadere l'aggravante mafiosa per Antonio De Napoli e Marco Iannone, i due nocerini che tra il 4 e il 5 settembre 2016, a Nocera Inferiore, diedero inizio ad una guerra tra bande criminali. Il primo ferì il secondo, poi il giorno dopo il secondo provò a vendicarsi. Sono state depositate le motivazioni della sentenza, con riduzione della pena rispetto al primo grado a 3 anni e 10 mesi di reclusione. Da quegli episodi ebbe la sua evoluzione l'indagine della Dda «Un'altra storia», nata dalla contrapposizione di due «presunte fazioni criminali» che facevano riferimento ai Cuomo e ai D'Elia. Il 4 settembre di quell'anno Antonio De Napoli gambizzò a Piedimonte Marco Iannone con una calibro 7,65. Un'azione intimidatoria, vista come un avvertimento, le cui ragioni non furono mai chiarite ma che secondo le indagini erano da ricercare nella gestione dello spaccio a Nocera e in quella di un parco giochi. Il giorno seguente, Iannone si recò presso casa di De Napoli, insieme ad un'altra persona mai identificata, esplodendo alcuni colpi di pistola sulla porta d'ingresso. Nessuno dei due denunciò quanto accaduto, mentre gli inquirenti annotarono dall'ascolto delle intercettazioni i timori di alcuni componenti della famiglia di uno dei due imputati, insieme alla reticenza mostrata da Iannone, quando fu sentito come persona offesa, subito dopo l'aggressione. Le accuse erano per entrambi di detenzione di arma da fuoco in luogo pubblico, mentre il solo De Napoli rispondeva di lesioni e Iannone di minaccia.

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Tuttavia, sulle ragioni legate alla caduta dell'aggravante mafiosa, i giudici spiegano che: «Già dalle conversazioni registrate può evincersi che la minaccia veicolata attraverso le due succedanee aggressioni armate, non erano state considerate di imponenza e costrizione psichica tale da poter presupporre che, attraverso esse, si potesse raggiungere l'assoggettamento dei destinatari nella particolare forma di cui all'articolo 416 bis». La risposta di Iannone - che sparò in luogo aperto al pubblico - più che avere «potenzialità rappresentativa» evocava «un intento punitivo della vittima». Qualche mese dopo quei fatti, con sparatorie e scorribande in città, così come arresti eseguiti dalle forze di polizia, i Ros e la Squadra Mobile eseguirono oltre venti ordinanze nei confronti di persone ritenute appartenenti ai due gruppi vicini ai fratelli Cuomo e D'Elia. Uno scenario che le stesse indagini avevano in parte ridimensionato, con una pace decisa tra i due gruppi, dopo una serie di azioni violente. Un contesto nuovamente stravolto, oggi, in ragione delle nuove indagini che vedono nuovamente il gruppo Cuomo avverso al clan di Piedimonte. Ad assistere i due imputati in Appello c'erano i legali Gregorio Sorrento, Mario Gallo e Pierluigi Spadafora.

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