Il corpo di vetro della Salernitana
l'onda da Venezia, il grido rauco dell'Arechi

Il corpo di vetro della Salernitana l'onda da Venezia, il grido rauco dell'Arechi
di Davide Morganti
Lunedì 23 Maggio 2022, 08:13
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Siamo giunti alla fine, chissà quale, lo si saprà tra non molto dopo lo scudetto del Milan, a Salerno i pensieri sono altri, le dita della Salernitana sfiorano quelle della speranza anche se Deulofeu insacca e manda la città nello sprofondo; la tensione stringe forte i polmoni e i muscoli, non lascia spingere in avanti verso la porta avversaria. La Salernitana subisce, prova a reagire ma resta tramortita, fatica a liberarsi dall'angoscia, la mente sta diventando una nemica, ti distrugge certe volte così come in altre ti risolleva; e arriva il secondo gol dell'Udinese. Gelo artico all'Arechi. Il rigore sbagliato di Perotti contro l'Empoli è di nuovo un'ombra larghissima e la Salernitana continua a non giocare, impantanata nella sua paura. E sono tre i gol dell'Udinese, siamo allo sconforto, lo stadio è ripiombato nel nulla, sul campo arrivano oggetti di varia natura che dichiarano il malessere di Salerno.

La squadra di Nicola è irriconoscibile, si muove impacciata, è immobile, ha le vertigini di fronte al baratro che si è aperto a dismisura; le mani di Belec sul rigore di Pereyra sono l'estrema disperazione di chi prova a non morire.

Nessuno, credo, si aspettava questo prima della partita, nessuno si aspettava un'Udinese formato plastilina Sassuolo contro il Milan ma nemmeno così tosta, solo che le partite si giocano non si ipotizzano, si affida il destino alle proprie mani non a quelle altrui.

Non è più tempo di attendere, di tempo non ce n'è, l'orologio corre a Salerno e va piano a Venezia dove il Cagliari gioca per salvarsi ma deve vincere; e sono quattro. Il rigore sbagliato da Perotti a Empoli è diventato il mantra dei rimpianti. «E ancora prima del crepuscolo lo schermo d'argento/ del cielo di New York s'inonda/ con ettolitri di sangue di Hollywood. /Dove arriva l'impero di vetro e marmo? /Dove puntano i sottili missili dei grattacieli?/ Dio compra un hot dog /in fondo alla strada del sessantesimo piano. /Dio è nero / e ama il grigio del tangibile», scrive il poeta slovacco Pavol Janik. Ora la partita contro l'Udinese è il crepuscolo mentre il sangue su Hollywood è lo spreco di punti degli ultimi incontri che stanno pesando come una grave malattia sul corpo all'improvviso di vetro della Salernitana; l'attenzione è a Venezia, un'onda lunga di speranza e di attesa, c'è un boato per la notizia infondata del vantaggio dei lagunari: nonostante la tecnologia ci vuole poco a travolgere uno stadio in fibrillazione, capitava anche negli anni Settanta e Ottanta quando un fremito si sollevava soprattutto nelle curve fino a diventare vociare e poi esplosione, c'era poi la risacca della delusione mentre Dio mangia il suo hot dog. Non è cambiato niente da allora, la speranza spesso diventa una visione o, come in questo caso, allucinazione uditiva.

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La serie A sta per terminare e si resta sospesi tra cielo e inferno per quanto all'Arechi l'inferno sia più visibile. Si sta cercando di arrivare al termine ma la capa è altrove, al nord, nella terra di Goldoni, anche perché mi sa che manco a porta vuota la Salernitana segna, le sta sbagliando tutte forse per demotivazione forse per deconcentrazione. Il tempo corre veloce a Salerno, va piano a Venezia, in panchina hanno le dita in bocca, si guardano tra di loro, si chinano forse su un cellulare a guardare la partita nel Veneto lontano. Nessuno vede più la partita nessuno gioca più la partita, la capa gira altrove. Bum bum bum, cuore forte a Salerno, le gambe tremano, le mani pure, il pallone va di qua e va di là, se fosse possibile a questo punto vorrebbero il maxischermo per vedere cosa accade a Venezia. Salernitana resta in serie A, lo annuncia in un grido rauco lo stadio.

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