Capaccio, l’ambulanza del corteo per Alfieri
fu clonata per non essere identificata

Capaccio, l’ambulanza del corteo per Alfieri fu clonata per non essere identificata
di Petronilla Carillo
Venerdì 22 Gennaio 2021, 06:40 - Ultimo agg. 06:56
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A bordo di una delle ambulanze che sfilarono al corteo organizzato per la vittoria politica di Franco Alfieri, vi era anche Roberto Squecco che, di fatto, risultava autista di uno dei mezzi di pronto intervento. Sul mezzo, con lui, anche Giuseppe Pinto, suo uomo di fiducia che, nel giro di pochi anni è passato da dipendente a proprietario del lido Kennedy oltre che presidente della Croce Azzurra di Agropoli. Dovrà parlare anche di questo, domani, l’imprenditore capaccese, al gip Gerardina Romaniello quando sarà sottoposto, assistito dal suo legale di fiducia, l’avvocato Mario Turi, ad interrogatorio di garanzia. Per gli altri dieci indagati (nove ai domiciliari, una - la funzionaria Asl Gerarda Montella - al solo divieto di dimora a Salerno) l’appuntamento è fissato, invece, per la prossima settimana. 

Video

Il giorno dopo il carosello di ambulanze per festeggiare la vittoria di Alfieri, Squecco ha convocato diversi volontari presso la propria agenzia funebre per «consigliare» loro di non rivelare a nessuno che era stato lui a chiamare i responsabili del servizio di primo soccorso perché, dopo la diffusione del video, «stava clonando l’ambulanza numero 66 della Croce Azzurra di Acerno in modo da renderla difforme da quella del video».

Lo ha riferito agli uomini della Squadra mobile, diretti dal vicequestore Marcello Castello, un autista volontario (Adelmo Di Buono, indagato) che, la sera del 9 giugno 2019 fu avvisato dal medico rianimatore in servizio ad Agropoli (Alfonso Esposito, indagato) delle intenzioni dell’imprenditore di organizzare il corteo. Squecco avrebbe prima chiamato sul cellulare dell’infermiera Solange Zanon (indagata) ma lei volutamente non avrebbe risposto, subito dopo su quello del medico. Al rifiuto del volontario e dell’infermiera di lasciare la postazione, il rianimatore commentò che «non era nelle condizioni di rifiutarsi». «Turbato da quanto accaduto ho lasciato il servizio», ha poi confessato il volontario.

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