Il vino più antico d'Italia?
Lo facevano gli Enotri nel Cilento

Il vino più antico d'Italia? Lo facevano gli Enotri nel Cilento
di Antonio Vuolo
Venerdì 18 Febbraio 2022, 08:57 - Ultimo agg. 15:15
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Tra la Valle dell'Alento e il Monte Stella, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, le tracce del primo vino italiano, vinificato dagli Enotri in epoca protostorica. Residui organici di uva sono stati rinvenuti, infatti, anche nel palmento di Serramezzana, uno dei borghi più piccoli del Cilento e della Campania. Nell'ambito del progetto di ricerca Fare il vino nell'Italia antica, curato dalla professoressa Gloria Olcese, docente ordinario di Metodologie della Ricerca Archeologica dell'Università degli Studi di Milano, per la prima volta è stata effettuata una serie di analisi sui residui organici conservati nelle vasche di otto palmenti, tra cui quelli di Serramezzana e Novi Velia. «La pubblicazione dei primi risultati della ricerca ha confermato che, nel palmento di Serramezzana, dopo centinaia di anni, sono ancora presenti i marcatori della fermentazione dell'uva (acido tartarico e malico)», spiega Roberto Volpe dell'associazione culturale Eleolusa, da anni impegnato in attività di ricerca e divulgazione per far conoscere il palmento di Serramezzana.

L'obiettivo della ricerca, che ha interessato Campania e Sicilia, è stato quello di dimostrare e di verificare la reale funzione dei palmenti rupestri, antichi impianti di produzione del vino formati da vasche scavate praticamente nella roccia. La ricerca concernente i residui della fermentazione alcolica, prima di questa più recente indagine, era stata effettuata principalmente mediante l'analisi di anfore greche e romane. Se una parte dell'enigma è stato risolto, accertando che all'interno di queste vasche avveniva la fermentazione di uva nera (quindi, per la produzione di vino rosso), resta invece ancora avvolta nel mistero la collocazione cronologica e il relativo contesto storico in cui sono stati costruiti e usati. Un aiuto prezioso alla ricerca potrebbe arrivare dallo studio condotto dal dottor Aniello Botti e dai professori David L.Thurmond e Fernando La Greca che, nel volume Un palmento ben conservato a Novi Velia ed altri palmenti nel territorio del Cilento.

Osservazioni ed ipotesi ipotizzano che, molto probabilmente, furono costruiti dagli Enotri, popolazione che abitava nel Cilento prima dell'arrivo dei Focei, che poi fondarono Elea.

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«Potremmo trovarci di fronte a testimonianze uniche della cultura di queste antiche popolazioni italiche. Il nostro compito deve essere quello di preservarle e valorizzarle» aggiunge Volpe. Mentre gli autori dello studio concludono: «Lo sviluppo di un network mediterraneo di studiosi, che si occupano da più punti di vista della coltivazione e della produzione del vino nei palmenti rupestri, potrà favorire l'incrocio di dati e una migliore conoscenza dell'agricoltura del passato. Attraverso l'opera di sensibilizzazione delle comunità locali sarà infine possibile realizzare attività volte alla conservazione, alla tutela e alla valorizzazione di queste importanti strutture che fanno parte del paesaggio agrario mediterraneo». Sempre nel Cilento, infine, un altro palmento interessante ed unico si trova nella vicina San Mauro Cilento, perché costituito non solo dalla vasca di pigiatura, ma anche da un sistema complesso di raccolta del mosto e successiva torchiatura delle vinacce. «I ricercatori sperano di poter continuare gli studi attraverso una ricerca archeobotanica proprio su quest'ultimo palmento, preservato dalla nostra associazione e dove si spera di poter trovare dei vinaccioli - conclude Roberto Volpe - Si cercano dei fondi per continuare: Il Parco nazionale del Cilento potrebbe e dovrebbe dare una mano».

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