L'allarme della commissione Antimafia:
«Camorristi imprenditori incidono su politica»

L'allarme della commissione Antimafia: «Camorristi imprenditori incidono su politica»
di Petronilla Carillo
Lunedì 24 Gennaio 2022, 06:55 - Ultimo agg. 12:24
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L’allarme criminalità lanciato dalla presidente Iside Russo nel corso della sua relazione alla cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario di Salerno, è spiegata dettagliatamente nel rapporto presentato alla presidente dal capo della Direzione distrettuale Antimafia, il procuratore capo Giuseppe Borrelli. Il numero uno della Dda salernitana, che già in passato aveva più volte sottolineato alcune lacune nella metodologia investigativa utilizzata negli ultimi anni, nella sola premessa al suo report, sottolinea come «nel periodo successivo alla fine degli anni ‘90, il monitoraggio della fenomeno camorristico nella provincie si è andato progressivamente attenuando essendosi le attività di indagine concentrate su fenomeni delinquenziali puntiformi concernenti i reinvestimenti anche mediante intestazioni fiduciaria dei patrimoni dei capi camorra, ovvero dei singoli reati». Quindi, si legge nel report pubblicato nel libro-relazione della Corte d’Appello, «il progressivo venir meno dell’inquadramento di tali episodi in un contesto più generale ha finito, per altro, per determinare progressivamente sempre più marcate difficoltà di riferire gli stessi singoli reati oggetto di investigazioni agli interessi di organizzazione mafiosa soprattutto se di nuova costituzione». 

Secondo la relazione consegnata dal procuratore Borrelli alla presidente Russo, sarebbero diverse le criticità e i gap che renderebbero complicate le indagini: la vastità del territorio, tra queste, ma anche la mancanza di reparti corposi sul territorio come un Gruppo carabinieri nell’agronocerino o un Reparto territoriale dell’Arma a Vallo della Lucania.

E così, Borrelli scrive: «Anche la progressiva tendenza della Dda ad incrementare lo sforzo investigativo del contrasto i traffici di stupefacenti, per altro normalmente concentrate sulla gestione delle piazze di spaccio, ha determinato il progressivo venir meno della possibilità di riferire tale attività illecita agli interessi di organizzazione mafiosa ed ha comportato l’effetto, fuorviante, di rendere sempre più evanescenti le caratteristiche delle stesse indagini». «Soprattutto - si legge ancora nella relazione - l’effetto di tale impostazione investigativa ha finito per essere quello di determinare, per la pressoché totale assenza di elementi comprovanti la continuità dell’ operatività delle organizzazioni, una difficoltà davvero consistente nella ricostruzione degli elementi costitutivi la fattispecie dell’articolo 416 bis che, come è noto, presuppone la dimostrazione del processo di concretizzazione dell’ assoggettamento omertoso che ne costituisce l’essenza. Questo gap conoscitivo, anche riconducibile alla inadeguata gestione dei collaboratori di giustizia e nella circolazione delle informazioni disponibili dalle loro dichiarazioni ha impedito altresì di cogliere quella che appare una significativa evoluzione delle modalità di azione nelle organizzazioni criminali in particolare operanti nella zona sud di Salerno. Vale a dire, la sostituzione delle forme tradizionali di intimidazione, e alla creazione di condizioni monopolistiche in determinati settori economici e imprenditoriali che pur traendo la loro legittimazione dal carisma conferito dai vecchi capi mafia, prescindono completamente dall’uso della violenza della minaccia e si avvalgono della capacità di condizionamento della pubblica amministrazione della classe politica, sulla cui selezione le vecchie reti di potere camorristico restano in condizione di incidere significativamente». 

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