Di Maio a Salerno, regge il patto Pd-M5S:
niente attacchi nel fortino di De Luca

Di Maio a Salerno, regge il patto Pd-M5S: niente attacchi nel fortino di De Luca
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 13 Settembre 2021, 07:30 - Ultimo agg. 11:02
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Chi si aspettava un Di Maio ferocissimo contro il governatore De Luca nella sua Salerno è rimasto deluso. E molto. Perché il ministro degli Esteri ieri pomeriggio nella roccaforte deluchiana mantiene sempre, e rigorosamente, un aplomb istituzionale nonostante sia nel pieno della campagna elettorale. Campagna poi particolare perché proprio il governatore teme come il sindaco uscente, il fedelissimo Enzo Napoli, possa non agguantare la vittoria al primo turno. E prova ne è la sua presenza in città da una settimana (anche stamani) per presentare nuove opere o quelle già in corso di realizzazione in questi anni.

Eppure l'esponente grillino, nonostante gli sberleffi e gli attacchi feroci del passato di De Luca, non ne approfitta, non sferra un attacco. E, anzi, non nomina mai il governatore della Campania. Niente. Solo a domanda diretta dei cronisti, a margine della presentazione della candidata sindaco, la preside Elisabetta Barone appoggiata dai grillini e una coalizione civica di centrosinistra, non può sfilarsi e dice: «Non è una battaglia navale e non facciamo una battaglia contro qualcuno, è per un'idea di città».

Il ministro ieri mattina annuncia trionfante sui suoi canali social il tour in Campania per le comunali. Prima Volla, Afragola e Melito e poi Eboli. Ma l'attesa è tutta per il pomeriggio per la tappa di Salerno, il fortino deluchiano che resiste dal lontano 1993. Ma Di Maio è morbido, molto di più dello stesso capo grillino, l'ex premier Conte, che a fine agosto infiammò gli attivisti salernitani. «Non facciamo una battaglia contro qualcuno, non è una battaglia navale. Credo soltanto che serva una visione a questa città perché ha un grande potenziale, soprattutto nella sua immagine internazionale e non lo sta sfruttando. Noi invece abbiamo una proposta seria», dice a domanda diretta su De Luca mentre taccuini e telecamere attendono invano una sciabolata. Si sforza, invece Di Maio, di dare un'immagine diversa del partito rispetto al passato. «In passato siamo sempre stati perdenti quando cercavamo di costruire noi stessi partendo da quello che combattevamo. Dobbiamo costruire in base a quello che vogliamo per la nostra terra. E dobbiamo avere anche la pazienza per realizzarlo perché chi amministra sa che non si può fare niente in tre mesi, un anno o due, e serve un tempo per progettare e per realizzare». E aggiunge: «In dieci anni correndo da soli con una lista, abbiamo governato soltanto 50 comuni su oltre 8mila, anche città importantissime come la capitale e quella che fu la capitale Torino. Adesso, abbiamo un'opportunità perché abbiamo cambiato le nostre regole interne. E con il nuovo corso di Giuseppe Conte è possibile - aggiunge - costruire delle larghe coalizioni, ovviamente che si identificano sulla comunanza di valori e quindi ben venga il rafforzamento delle alleanze con forze politiche e liste civiche.

Ben venga l'idea che queste comunali siano importanti per i sindaci. Non sono in questo momento importanti per le dinamiche politiche».

E proprio su Giuseppe Conte, da poco capo politico del movimento, vanno parole di appoggio. Specie se negli ultimi giorni si parla di un guerra interna all'M5s per intestare all'ex premier la disfatta grillina delle amministrative del 3 e 4 ottobre. «Non si può assolutamente pensare che siano un test per Conte le comunali perché - spiega il ministro - è come chiedere ad un allenatore che arriva alle ultime tre partite di vincere il campionato anche se quello che è stato esonerato prima ha fatto perdere tutte le partite precedenti». 

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L'unico argomento su cui si scalda Di Maio è il reddito di cittadinanza, il provvedimento mantra dei grillini. «Sono il primo a dire che il sistema di domanda e offerta di lavoro non sta funzionando, c'è gente sul mercato disponibile e ci sono imprenditori che fanno proposte ma questi due mondi non si stanno incontrando. Perché non stanno funzionando - spiega - i servizi per l'impiego. Quindi ben vengano tutti gli interventi per stabilire che, se si rifiuta una proposta dignitosa, si perde il reddito di cittadinanza. Però - attacca alzando i toni riferendosi all'ex premier Renzi ma senza mai nominarlo - non accetto lezioni da chi, prima del decreto dignità e di quello sul reddito, aveva costruito un sistema di assunzioni coi voucher». 

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