Macellaio ucciso in una rapina,
nuovo processo dopo 40 anni

Macellaio ucciso in una rapina, nuovo processo dopo 40 anni
di Nicola Sorrentino
Mercoledì 19 Febbraio 2020, 21:46
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SARNO. Rapina finita nel sangue, con la morte di un macellaio, a Sarno, P.F. Era il 5 dicembre 1981. La vittima aveva 38 anni. A distanza di quasi 40 anni, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso che andrà celebrato un nuovo processo, in Corte d'Appello a Perugia, il prossimo 30 giugno. A essere stato condannato nei precedenti gradi di giudizio, pur dopo diverse istanze presentate dalla difesa, era stato un uomo di Pagani, oggi 58enne, Salvatore Avitabile. All'epoca dei fatti ne aveva 19. E di anni in carcere ne ha scontati 23, ma probabilmente per un omicidio in realtà mai commesso. Ci sono infatti ora nuovi elementi che gli ermellini hanno disposto di valutare, ad un nuovo collegio. Lo stesso aveva fatto la procura generale, nella sua requisitoria in sede di udienza, chiedendo di annullare la precedente sentenza con nuovo rinvio alla Corte di Appello di Perugia. L'elemento maggiore e significativo è rappresentato dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia di Pagani, B.A. , che aveva rivelato come un suo compagno di cella, all'epoca, gli avesse riferito di essere stato lui l'autore dell'omicidio del macellaio di Sarno, per il quale invece fu ritenuto responsabile Salvatore Avitabile. La difesa del paganese aveva fatto presente la circostanza, lamentando un vizio di legge nella sentenza di secondo grado, legata all' «omessa motivazione circa la richiesta di acquisizione di una prova decisiva di natura scientifica». 

La richiesta di revisione dei difensori è stata ora accolta, con le motivazioni della Suprema Corte di Cassazione che ha ritenuto il ricorso fondato. I giudici hanno dato un valore a quei nuovi elementi, richiamando un orientamento che spiega come in tema di revisione «devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchè non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario».

La Corte d'Appello, invece, non aveva sufficiente motivato il diniego sull'acquisizione di quelle dichiarazioni, che anzi giudicò non "idonee" ad incidere su quello che fu invece il riconoscimento fotografico che effettuò uno dei parenti della vittima, all'epoca dei fatti. Quest'ultima morì all'interno della sua macelleria ad Episcopio, frazione di Sarno. L'uomo avrebbe tentato di opporsi alla rapina che stava per essere consumata nei riguardi del padre. I banditi si diedero poi alla fuga. Le prime attività si concentrarono, poi, su due fratelli di Pagani che avrebbero avuto il possesso di un'auto compatibile con quella individuata a Sarno. Il nuovo processo potrebbe, ora, fornire una nuova versione dell'accaduto, con la difesa dell'unico imputato decisa ad ottenere una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.
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