«Il casco, la maschera, la paura di morire:
finalmente sono fuori dall'incubo del Covid»

«Il casco, la maschera, la paura di morire: finalmente sono fuori dall'incubo del Covid»
di Marco Di Bello
Sabato 8 Maggio 2021, 09:47 - Ultimo agg. 18:00
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«Finalmente ho sconfitto il Covid dopo giorni di ricovero in ospedale. Non ho dimenticato nulla di quei giorni, di quelle ore, di quegli attimi. La solitudine, la costrizione del casco e della maschera, la paura di morire, il terrore che accadesse in solitudine, senza poter salutare i miei cari». È contenuto in quattro fogli, scritti con mano ancora affaticata, il racconto di disperazione, di speranza, ma anche di gratitudine di uno dei tanti sopravvissuti al Covid. «Medito sulla fatica, sul coraggio, sulla determinazione sulla dedizione e pazienza dei dottori tutti, degli infermieri e delle operatrici socio-sanitarie - prosegue - La loro è la storia dell'impegno di fronte a questa enorme tragedia, senza mai perdere la speranza di guarire. Non riesco a non pensare alle loro maschere, alle loro tute spaziali da cui si intravedono solo i loro occhi, al mio cuore impazzito che scoppiava nelle tenebre, al suono di quei maledetti macchinari, al lamento degli altri pazienti: un plauso alla loro professionalità e all'impegno profuso». Autore della lettera è l'avvocato Nicola Paraggio, 61 anni compiuti ieri, ma potrebbe essere il racconto di uno qualunque dei tanti che, dal giorno alla sera, dalla notte alla mattina si sono ritrovati catapultati nell'inferno delle terapie intensive italiane.

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Nicola, ricoverato il 1° aprile dopo un tampone eseguito per via di un familiare risultato positivo, è uno di questi. La sua storia inizia con un controllo eseguito presso l'Usca di Battipaglia, dove subito risulta positivo e, per questo, viene posto in quarantena fiduciaria: «I primi giorni, sintomi poco o nulla: febbre a 37,5 e un po' di tosse - ricorda Paraggio - poi la febbre si è alzata e, nonostante le medicine, il 12 aprile mi sono reso conto che avevo problemi di respirazione». Il chiaro segnale che l'infezione sta prendendo il sopravvento sul suo sistema immunitario: «Il 13 aprile chiamo il 118 e mi portano immediatamente al reparto Covid dell'ospedale di Eboli e, dopo una tac che mostra la gravità della situazione, vengo ricoverato - prosegue - subito con flussi di ossigeno molto alti».

Nel mentre, ansia e sofferenze che non fanno altro che peggiorare la situazione psicologica del paziente. Solo l'affetto e le cure del personale medico e infermieristico riescono a lenire i sentimenti che affollano la mente dell'uomo. Ed è sempre grazie a loro che il quadro clinico di Nicola va via via migliorando. Al punto che, a poco a poco, l'apporto di ossigenazione viene ridotto e, dopo due tamponi risultati negativi, viene dimesso. Da qui, la scelta di scrivere una lettera a chi ha saputo prendersi cura di lui: «Vero che questo sistema sanitario è stato miseramente piegato da questo virus - conclude - ma sono orgoglio perché tutti hanno sopperito in condizioni difficili per affermare il diritto alla salute e alle cure dei cittadini».

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