Una maxi truffa da 750mila euro ai danni della filiale di Salerno del Banco di Napoli. È stata scoperta dagli inquirenti al termine di una capillare attività investigativa coordinata dal pubblico ministero Francesco Saccone; l’inchiesta, che copre un periodo compreso tra il 2015 e il 2018, è culminata con il rinvio a giudizio firmato dal gup Campanile.
Vanno a processo i due napoletani Bruno Cerullo e Luigi Gentile (assistiti dagli avvocati Giovanni Fava e Giuseppe Caserta) e l’avellinese Bruno Passaretti (rappresentato dall’avvocato Fulvio Prestieri). Assolto il salernitano Giuseppe Villecco.
Al centro del fascicolo sono finite tre richieste di finanziamento erogate dalla banca a favore di società sempre diverse ma tutte inesistenti o fallite. Il primo finanziamento finito sotto la lente di ingrandimento della Procura è quello richiesto a nome della società di Cerullo, la Mediatrade srl.
Alla base di una delle domande di finanziamento c’era un investimento in Tunisia che, in seguito alle indagini della magistratura, è risultato mai realizzato. Le somme ricevute venivano, secondo la Procura, destinate ad aziende operanti in settori del tutto diversi e a soggetti riconducibili ai tre. L’esibizione documentale prodotta dagli imputati avrebbe così tratto in errore l’organismo deliberante e gli altri dipendenti dell’istituto di credito preposti al controllo che disposero una prima erogazione di 100mila euro in data 18 dicembre 2015 e una seconda di 500mila euro in data 27 aprile 2016.
Il secondo finanziamento finito sotto la lente di ingrandimento della Procura fu invece chiesto a nome di un’altra società, la Pronto Moda Tuscia, dichiarata fallita nel dicembre 2018. Anche in questo caso la tecnica fu la medesima: gli imputati si presentarono presso la filiale di Salerno del Banco di Napoli ed, esibendo una documentazione falsa atta a dimostrare i requisiti di affidabilità e solvibilità della società, ottennero un secondo finanziamento. Secondo la Procura, le somme finanziate venivano destinate ad aziende operanti in settori del tutto diversi e a soggetti riconducibili agli imputati. Anche questa volta ci fu una prima erogazione di 100mila euro in data 27 giugno 2016 e una seconda di 500mila euro in data 26 luglio 2016. Il terzo finanziamento, oggetto del fascicolo, risale al periodo compreso tra il 2016 e il 2017. Sempre la stessa la tecnica: il prestito venne chiesto in nome di una società fallita sulla base di una documentazione ritenuta falsa dagli inquirenti. L’istituto di credito fornì una prima erogazione di 50mila euro e una seconda di 100mila euro. La Procura contesta agli imputati di aver causato alla banca un danno di rilevante gravità.