«Mille euro per mettere le bombe»,
ecco la paga degli attentatori di Nocera

«Mille euro per mettere le bombe», ecco la paga degli attentatori di Nocera
di Nicola Sorrentino
Giovedì 15 Settembre 2022, 06:55 - Ultimo agg. 18:01
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«A sparargli non siamo organizzati. Fai prendere quella bomba grande oppure facciamo quella a telecomando, che noi la facciamo mettere si allontanano e devono solo premere». Era questo il tenore delle conversazioni tra Mario Tortora e Luigi Vicidomini il 17 febbraio 2021, una settimana prima dell’esplosione di due ordigni contro il ristorante di Luigi Cuomo, a Firenze. I due, insieme a Marco Iannone, per la Dda di Firenze sono i mandanti di quanto accadrà sette giorni dopo. Il clan di Piedimonte vuole mandare l’ennesimo messaggio ai fratelli Cuomo, affinchè abbandonino Nocera e permettano ai primi di gestire, da soli, il traffico di droga. Le bombe carta per Firenze furono comprate grazie ai contatti di Vicidomini e Tortora. Lo testimoniano i messaggi e i dialoghi intercettati dagli inquirenti. 

«Ho inviato un cuore all’amico del mio amico di Salerno, speriamo che capisce». L’acquisto, definito in un appartamento a Castel San Giorgio, va a buon fine. Temendo però imboscate, Tortora prende precauzioni: «Se non rispondo manda tutti quanti, tanto se c’è una trappola sequestrano, non penso che passano e sparano». Se le cose vanno male «fai sparare dappertutto». Con Tortora infatti erano pronti due affiliati, armati, nelle vicinanze. Le bombe acquistate saranno due, come testimonierà una foto che lo stesso Mario Tortora invia agli altri due come prova. I due ordigni saranno poi spostati rapidamente in un appartamento, vicino a quello di Iannone, a Piedimonte, impegnato in un controllo a casa con i carabinieri. La volontà di cacciare i fratelli Cuomo, in realtà, è già intuibile giorni prima. Il 12 febbraio, Mario Tortora spiega di dover: «Dare il segnale buono. Fino ad ora li abbiamo riempiti di mazzate ed abbiamo fatto un assalto nel suo covo». Al punto che dopo l’esplosione di un ordigno contro la casa di Filippo Boffardi (associato a Michele Cuomo), Tortora e Vicidomini esultano: «E quando si dimentica più; Siamo i numeri uno: Li sfondiamo; Mo se ne devono andare per forza altrimenti buttiamo a terra le case di tutti quanti». Di nuovo, per il viaggio a Firenze, è Tortora a pensare a tutto: «Domani mi organizzo per le targhe, la macchina e la borsa con guanti e tuta». Quali esecutori materiali saranno scelti Luigi D’Auria e Sabato Mariniello, individuati grazie ad alcuni soprannomi con i quali vengono chiamati nelle conversazioni.

La paga per i due sarà di 1000 euro. Entrambi, però, sembrano essere all’oscuro di cosa rappresenti quell’azione intimidatoria. «Ma non gli ho fatto capire niente - scrive Tortora - ma uno che ti dice non mi importa che mi arrestano l’importante è che mi fai trovare i soldi quando vengo». Per la Dda i tre fanno parte del «clan di Piedimonte» e vanno tenuti in carcere, in ragione della disponibilità di armi, droga e di contatti di chi vende ordigni esplosivi. Oggi gli interrogatori. 

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