Morìa delle botteghe nel centro storico
di Salerno: i fondi non bastano

IL COMMERICANTE Roberto Rispoli
IL COMMERICANTE Roberto Rispoli
di Barbara Cangiano
Venerdì 24 Gennaio 2020, 07:00
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I venticinque milioni di euro a disposizione dalla Regione per sostenere il commercio a posto fisso e ambulante e le attività artigianali, non sembrano sufficienti per curare la ferita aperta di un centro storico che della floridità del terziario di un tempo neppure tanto lontano, sembra conservare soltanto la denominazione delle strade. Come via Mercanti, nota fin dal Medioevo per essere la strada del commercio, o via Botteghelle, antica via della Giuggiuola, in passato conosciuta per la presenza di tante attività di cui oggi non restano altro che bassi, basoli puzzolenti di urina, topi e auto che sfrecciano indisciplinate mettendo a rischio la sicurezza dei passanti. Qui i negozi aperti sono un terzo di quelli chiusi, in particolare dal tratto che va dall’incrocio con via Romualdo Il Guarna a salire verso largo Abate Conforti. 

Che fine hanno fatto le botteghe? E i nomi storici del commercio? «Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una desertificazione senza precedenti – spiega Roberto Rispoli dell’omonima merceria – Questa estate avevamo deciso di chiudere. Poi, anche sollecitati dalle tante richieste di clienti che ci pregavano di resistere, abbiamo cambiato idea e stiamo provando a diversificare l’attività. Puntiamo su artigianato, riparazioni e piccola sartoria, abbandonando merletti e passamaneria che oggi non interessano più a nessuno. Ma è veramente difficile. Il centro storico è abbandonato. Il Comune è purtroppo assente. C’è spazzatura ovunque e auto e moto parcheggiate dappertutto, che spesso ostruiscono l’ingresso alle attività commerciali o ai portoni. Bisogna essere onesti, l’amministrazione ha scelto di puntare su altre zone della città e questo è il risultato. Serrande chiuse e tante difficoltà». Non la pensa tanto diversamente Vincenzo Spirito, titolare di una pelletteria storica di via Mercanti: «Il commercio oggi è zero. Tante attività stanno smantellando, in particolare quelle a conduzione familiare che ormai sono distrutte. Ogni tanto registriamo qualche nuova apertura: o sono mordi e fuggi, oppure padri che hanno fatto sacrifici e che tentano di sistemare i figli senza lavoro. Ma è un sistema malato. Che peggiora: credo che negli ultimi cinque anni abbiamo toccato il fondo. Meno male che ci sono le Luci. Almeno portano un po’ di persone. Ma anche questo è un progetto che andrebbe ripensato. Dopo che succede?». Testimone di un progressivo spegnimento del centro storico, Carlo Amic, anima del negozio di calzature Nami: «Il centro storico rischia di morire. Non c’è nessun buon motivo per cui le persone dovrebbero venire. Non c’è lavoro, non c’è imprenditoria. Si vive di stipendi, per chi ce li ha, e le persone non arrivano a fine mese. Prima le cose erano diverse perché noi commercianti sopravvivevamo grazie alla provincia. Ma oggi si sono giustamente attrezzati tutti. In via Mercanti dovrebbero tornare i negozi di qualità. Questa è l’unica strada per riappropriarsi di un’identità». 
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