Morti sospette all'ospedale Ruggi di Salerno, il primario: «Cinque casi a fronte di 100mila pazienti»

Gammaldi replica alle accuse all'azienda ospedaliera: «Giusto che tutti riflettano sulle tragedie ma non dimentichiamo le tante eccellenze»

L'ospedale di Salerno
L'ospedale di Salerno
di ​Sabino Russo
Venerdì 24 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 10:14
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Sarebbero due le morti sospette al Ruggi per cui gli ispettori ministeriali hanno ritenuto necessario un approfondimento. Tra queste, quella dell’ex poliziotto di 68 anni, colto da arresto cardio-circolatorio durante la Tac, dopo aver atteso diverse ore al pronto soccorso. In tutto, sono cinque quelli attenzionati anche dall’autorità giudiziaria. «Sono cinque storie tristi, sulle quali è giusto ed opportuno che un’azienda intera, e non solo gli operatori coinvolti, riflettano - dice Renato Gammaldi, primario di terapia intensiva - Tuttavia, appare corretto evidenziare che il numero di casi trattati ogni anno in questa azienda supera i 100mila accessi per tutte le varie patologie. Per cui, se è opportuno ragionare sui 5 casi che sono emersi nelle ultime opportune valutazioni, dovrebbe essere altrettanto corretto ragionare sugli altri 99mila 995casi».

Di fatto, l’azienda ospedaliera universitaria, negli ultimi tempi, rappresenta un punto di riferimento nell’ambito della provincia di Salerno, ma anche del tratto meridionale della provincia di Napoli, per quelle che sono definite le reti tempo-dipendenti e quindi, le ischemie celebrali, infarto del miocardio, per i traumi e fratture di femore e, ancora, rappresenta un riferimento anche per tutte le tecniche radiologiche interventistiche oltre che, come ben noto a tutti, per la cardiochirurgia, la chirurgia vascolare e la neurochirurgia. Pochi sanno che il Ruggi è punto di riferimento regionale per la radioterapia pediatrica. «Proprio il derelitto Ruggi, per primo in Campania, ha avuto l’onore e l’onere di avviare questa linea di cura, dando vita anche a un protocollo per il trattamento dei pazienti più piccoli in narcosi - ricorda Gammaldi - Non è immaginabile, pertanto, ricondurre a cinque episodi, di cui la conoscenza è anche solo parziale, ad un’attività a così ampio raggio e altamente specialistica.

Non si può non considerare quanto fatto da quando si è avviato il trattamento dello Stroke ischemico. Possiamo dimenticare che esiste una terapia intensiva neonatale che accoglie anche piccoli neonati al di sotto dei 600g di peso? O non considerare una rianimazione che ha uno dei più alti tassi di successi terapeutici che si trasforma in sopravvivenza dei pazienti, tenendo conto della gravità delle condizioni di accesso e dell’elevato livello di complessità assistenziale? Chiediamolo ai pazienti affetti da malattie rare che hanno la possibilità di trovare in azienda accoglienza e ambulatori specialistici dedicati».

Non possono sfuggire all’attenzione, poi, i progressi in chirurgia robotica, che con il sistema “Da Vinci” di ultima generazione consente di sperimentare nuovi approcci chirurgici meno invasivi e con una riduzione dei tempi di degenza, così come i primi interventi di riparazione transcutanea della valvola mitrale in Campania, se non di tutto il meridione, fatti al Ruggi, i percorsi di umanizzazione dell’area pediatrica, la camera iperbarica...» «Un corretto approccio critico dovrebbe essere in grado di valutare asetticamente - continua il primario - oltre agli episodi pseudo negativi, anche tutto ciò che di buono si è prodotto, evitando, tra l’altro, di esprimere giudizi sulla qualità degli operatori. Tuttavia descrivere una realtà sanitaria più nera di quello che è significa solo esporre il cittadino alla paura e spezzare quel legame di fiducia che tanto faticosamente si è cercato di costruire e che non può essere svenduto per mere strumentalizzazioni politiche. Certo, fare sanità nel sud Italia non è facile; fare sanità in Campania non è, ma non è mai stato facile, qualunque fosse il colore politico della bandiera sventolata in consiglio regionale. Ma, sicuramente, se le logiche, in ogni regione d’Italia, in ogni ospedale d’Italia, grande o piccolo, in ogni distretto, fino al più piccolo degli ambulatori, fossero più scientifiche e meno politiche, sarebbe difficile per chi, senza argomentazioni costruttive, cerca di costruirsi un futuro, gettando discredito sul lavoro degli operatori sanitari e, forse, tutti noi cittadini guadagneremmo qualcosa in più». 

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