Nunzia, uccisa dal marito. Il racconto del fratello: mio nipote ricorda tutto

La 41enne di Cava dei Tirreni uccisa il 22 gennaio del 2018

Nunzia, uccisa dal marito. Il racconto del fratello: mio nipote ricorda tutto
di Viviana De Vita
Sabato 26 Novembre 2022, 06:40 - Ultimo agg. 10:45
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«Mio nipote ricorda tutto: ancora oggi non si dà pace e ripete sempre: sono il figlio di un assassino». È raccapricciante il racconto reso ieri nella sala teatro del carcere di Fuorni da Giovanni Maiorano, fratello di Nunzia, la 41enne di Cava dei Tirreni uccisa il 22 gennaio del 2018 nella sua abitazione a Sant’Anna con 47 coltellate infertele dal marito. L’uomo, che insieme al fratello si è preso cura dei tre figli orfani di femminicidio, è intervenuto nell’ambito della manifestazione “Noi siamo qui per Ecuba” voluta, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, dalla direttrice del carcere di Fuorni Rita Romano che da tempo ha avviato all’interno del penitenziario salernitano un percorso finalizzato al recupero dedicato ai detenuti che stanno scontando pene che riguardano la violenza di genere.

«Mio nipote – racconta Giovanni Maiorano – era lì quando mia sorella è stata seviziata dal marito.

Quel “mostro” l’ha uccisa senza pietà davanti al bambino che, allora, aveva appena 5 anni. Ora davanti al tribunale per i minorenni pende il procedimento per il cambio del cognome: i miei nipoti non vogliono più portare il cognome dell’uomo che ha ucciso la loro mamma e vogliono che lui resti in cella per tutta la vita». È un messaggio forte quello che Giovanni Maiorano ha lanciato alla platea di detenuti riuniti ieri insieme per un dibattito sul fenomeno della violenza di genere. «Non tutti i reati sono uguali: il mio ex cognato è un uomo pericoloso e, proprio per questo, l’unico luogo adatto a lui è il carcere. Non si è mai pentito per quello che ha fatto e il mese scorso, quando l’ho rivisto in tribunale in occasione del processo per le lesioni inferte a mia madre che quel giorno tentò inutilmente di difendere mia sorella, ha avuto persino il coraggio di minacciarmi». Tanti gli applausi dei detenuti che hanno così espresso la loro solidarietà a Giovanni Maiorano e alla sua storia nel giorno in cui anche il Comune di Cava ha voluto ricordare quel drammatico femminicidio con la risistemazione della targa vandalizzata lo scorso settembre.

«Ancora oggi – ha concluso l’uomo – porto con me il rimorso per non essere stato in grado di difendere Nunzia. Forse se fossi andato dai carabinieri o se mi fossi rivolto a qualche centro antiviolenza a quest’ora lei sarebbe ancora con noi e con i suoi figli che sono le prime vittime di questa storia». Ma i protagonisti di ieri sono stati soprattutto i detenuti, in particolare i trenta “definitivi” che a Fuorni, oltre a scontare la pena per i reati commessi ai danni delle donne, sono stati inseriti in un percorso di recupero voluto dalla direzione. «Anche se mia moglie mi ha perdonato – ha affermato un 38enne salernitano, detenuto dal 2019 a Fuorni dove sta scontando una condanna per maltrattamenti in famiglia – io porterò sempre con me il dolore per averle fatto del male. Sono pentito e sento di non essere più quello di una volta: nella vita si impara dagli sbagli e si può cambiare. Se non cambi vuol dire che non sei un uomo. Quando uscirò da qui tornerò da lei e dai nostri bambini per ricominciare daccapo».

Sofferta anche la testimonianza di un 68enne di Pontecagnano condannato per tentato omicidio per aver accoltellato l’amante per strada; l’uomo, per quel reato, deve scontare ancora 3 anni. «Ero accecato dalla gelosia ma oggi, grazie anche al percorso che ho seguito in carcere, ho capito quello che conta davvero nella vita. Voglio tornare a casa da mia moglie e dai miei figli». Non sono mancate le testimonianze delle detenute, come quella di Alessandra.

«L’amore e la violenza – ha affermato – sono due cose diverse: chi ama non fa male. Il mio ex era violento e mi perseguitava; purtroppo all’epoca non esisteva il reato di stalking e i carabinieri, nonostante le mie ripetute denunce, non potevano fare nulla».

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