«In un anno non ho mai sognato mia sorella Anna...Vorrei tanto...Forse il problema è che non l’ho mai lasciata andare». Vincenzo Borsa, fratello di Anna, la ragazza uccisa esattamente un anno fa mentre era a lavoro dal suo ex, Alfredo Erra, ammette che «parlerei di mia sorella sempre, perché lei è con me ovunque, in ogni cosa».
Ad un anno dalla tragedia cosa direbbe ad Alfredo Erra?
«Per me quell’uomo non esiste. Non provo ne pace ne perdono credo soltanto nella giustizia anche se l’ergastolo non basta per quello che ha fatto alla mia famiglia. Vorrei che solo per un momento possa immedesimarsi nel dolore di mia madre, di mio padre e nel mio. Oggi, ancora più di un anno fa, sono convinto che lui non amava veramente Anna perché l’ha uccisa. Se l’avesse amata l’avrebbe lasciata libera. Mia sorella per lui era un’ossessione. Lui amava soltanto se stesso. E la prova è che lui è ancora qua, lui si è salvato. E questa, alla fine è anche la mia vittoria più grande: sapere che ha toccato il fondo essendo ancora vivo. Sta vivendo il suo inferno in questa vita».
«Il suo amore. Mi diceva sempre che voleva una vita serena per me, mi diceva che il mio negozio doveva crescere così io potevo avere una stabilità e tanta, tanta serenità».
«Il 28 febbraio di un anno fa. Verso le 21 Anna mi ha scritto: torna a casa, mi devi cucinare tu. Io ero incredulo sapevo delle tensioni tra lei e quell’uomo, per un attimo mi sembrò strano perché a casa c’era mamma, era lei che cucinava. Allora lei mi disse: voglio le schifezze, quelle che fai tu. Io le risposi: va bene chiudo e vengo, qualcosa la faremo. Quando arrivai a casa era nel letto, si alzò solo dopo che avevo cucinato bastoncini di pesce e sofficini. Poi rise, disse che erano crudi. Glielo dissi: io non so cucinare....Sono sempre più convinto che quel messaggio era per non farmi stare in strada, lei era preoccupata per me...».
«Sì. Sono convinto che Anna la mattina del primo marzo dello scorso anno pensava che quell’uomo fosse lì per aspettare me. Sono convinto che quel disgraziato volesse colpire me per far soffrire Anna, io era la parte debole di mia sorella. Qualche mese prima lo avevano anche minacciato, gli avevo detto di lasciar stare mia sorella...».
«Non ho nessun senso di colpa e nessun rimpianto. Ho sempre rispettato mia sorella e le sue decisioni. L’ho vista a terra, morta; l’ho vista dopo l’autopsia...Ma non riesco a sentire quei 700 messaggi vocali che ho ancora conservati. Ho paura di sentire la sua voce per soffrire. Se tornassi indietro la porterei in Giappone... la porterei lontano da qui. Avrei preferito sentirla al telefono per tutta la vita ma sapere che lei era viva».
«Mia mamma ha il cuore spento. Mio padre... peggio, ha ripreso a lavorare soltanto da un paio di mesi...».
«Non lo so... So che il primo marzo dello scorso anno ho messo dolore in tasca e la sua anima dentro di me. Sto cercando di essere forte: non l’ho scelto, non lo sono...ma devo esserlo nonostante lo strazio e la mancanza: ho ancora da portare avanti la vita di mia sorella Anna che non c’è più. I miei due occhi azzurri sono diventati quattro, nei miei ci sono anche i suoi».
«Siamo sempre insieme. Lui è sempre presente. Anche lui soffre».