Pontecagnano, parla Annamaria Vacchiano: «Ho provato a salvare Marzia, ora mi sento in colpa»

Il racconto della ragazza che con la sua denuncia ha fatto arrestare la madre assassina

Annamaria Vacchiano
Annamaria Vacchiano
di Petronilla Carillo
Domenica 23 Aprile 2023, 06:50 - Ultimo agg. 24 Aprile, 08:12
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«Ho cercato di salvarla Marzia, ma non ci sono riuscita. E questo mi fa sentire tanto in colpa». Annamaria Vacchiano è una ragazza provata. A soli 22 anni ha visto la sua famiglia sfasciarsi per un reato capitale: omicidio e tortura. Di quelle torture lei si è accorta piano piano attraverso i segni che la ragazza ventinovenne ha iniziato a portare sul corpo.

Annamaria, come sta?
«Ho tanto dolore dentro l’anima. Un po’ per quello che è successo alla mia famiglia ma soprattutto per quello che è successo a Marzia, una ragazza buona e molto educata. Lo stesso dolore che provo per lei lo provo anche per il mio fratellino più piccolo: l’altro giorno mi è stato strappato dalle braccia ed è stato portato in una casa famiglia. Vorrei sentirlo, vederlo... vorrei averlo con me almeno il fine settimana. Ma, per ora... le cose devono andare così».

 

Cosa è successo in casa di sua madre?
«Me lo sto chiedendo.... Da settembre 2021 a dicembre sembrava andare tutto bene. Certo, Marzia non era più trattata bene come prima in casa di mia madre ma da dicembre a marzo l’hanno lentamente uccisa...». 

 

Lei non viveva più in quella casa?
«Io sono scappata quando ho conosciuto il padre di mio figlio. Con mia mamma non ho mai avuto un buon rapporto. Mi chiamava bastarda... ed io avevo paura di lei».

 

Però la frequentava...
«Beh, sì. Portavo a vederle mio figlio. A volte lo lasciavo con lei e con Marzia quando andavo a lavoro... Poi ho iniziato a vedere che Marzia si spegneva, aveva dei lividi, i capelli tagliati male... Ed ho iniziato a parlare con mia cognata, la fidanzata di mio fratello Vito, che è anche la sorella del mio attuale compagno Paolo, e insieme abbiamo cercato di fare qualcosa per lei... Una sera volevo portarla in ospedale. Le dissi: Marzia vieni con me, ti lascio in ospedale così ti salvi ma lei mi disse di no. Mia madre le aveva fatto il lavaggio del cervello. Arrivava persino a dire che mia madre faceva bene a prendere i suoi soldi...».

 

Ecco, i soldi. Nell’ordinanza si dice che lei avrebbe effettuato uno dei prelievi «controllati» con il bancomat di Marzia...
«Sì quel giorno avevo bisogno di 50 euro e mia madre mi disse: te li do ma dobbiamo andare a prelevare... Lei e Damiano (Noschese, il marito di Barbara Vacchiano ndr) mi portarino alla Posta e feci io il bancomat... neanche sapevo fosse quello di Marzia».

 

Quando si è insospettita del fatto che potesse essere accaduto qualcosa alla Capezzuti?
«Dopo la denuncia anonima che feci arrivare ai carabinieri attraverso l’avvocato De Martino. Qualche tempo prima avevo assistito alla scena in cui mia madre fece ingoiare a Marzia la cicca di sigaretta accesa e pensai: basta. Non ricordo se era il 22 o il 28 marzo quando l’avvocato del centro antiviolenza andò dai carabinieri e le dissero che si sarebbero attivati, pensavo che salvassero subito Marzia invece le cose sono andate diversamente...

 

E quando ha sospettato che la ragazza potesse essere morta?
«Io dentro di me ne aveva la certezza. Quando portavo il bambino da mamma per farglielo vedere chiedevo di Marzia e mia madre diceva: è andata via. Poi ha iniziato a raccontare tante bugie: l’ho data in pasto ai porci. È morta. E via dicendo... Mia madre in quel periodo vietò a mio fratello di 15 anni di sentirsi con me. Allora capii tutto».

 

Ecco, arriviamo alla videochiamata...
«In quella videochiamata ho cercato di stuzzicare mio fratello: ero convinta che sapesse ma non pensavo fosse stato coinvolto. C’è stato un momento in cui non volevo neanche sentire ciò che mi stava dicendo. Non volevo crederci. Già non è possibile che mia madre abbia ucciso e torturato una ragazza innocua figuriamoci poi a sentire che era coinvolto anche mio fratello....». 

 

Quel video lo ha registrato lei?
«Sì, ma non con il mio telefonino. Parlavano da un altro account Instagram».

 

E poi?
«E poi mi sono confidata con Paolo, gliel’ho mandato e gliel’ho fatto portare ai carabinieri».

 

Ha preso coraggio?
«Ho preso coraggio soltanto quando sono andata a parlare con il magistrato Licia Vivaldi: lei è stata molto materna e decisa. Mi ha spiegato che dovevo avere coraggio e che dovevo salvare i miei fratelli più piccoli. Che non dovevo sentirmi in colpa...».

 

Il suo è stato un atto di coraggio, lo sa...
«Non lo so. Io ho ancora tanta paura. Ho paura che mia madre esce e mi ammazza. Ho paura di quello che può pensare di me. La notte ho gli incubi e rivedo davanti ai miei occhi la scena di Marzia che veniva strangolata, di mio fratello che mi viene strappato dalle braccia. Io Marzia volevo salvarla... e non ci sono riuscita...».


Però è stata lei a denunciare e darle finalmente un po’ di pace...
«Sì, ho denunciato io. Ma prima anonimamente. Avevo paura di mia madre come tanti a Pontecagnano...».
 

Lei ora ha quasi tutta la famiglia in carcere...
«Sì, mia madre non voglio più vederla e neanche Damiano. I mie fratelli sì. Vito è una vittima come tutti noi, come Marzia. Non poteva non far finta di assecondare mia madre perché era ai domiciliari, altrimenti doveva andare in carcere. Anche lui ha una vita segnata da tante cose brutte ma non anche lui ci ha aiutato quando io e mia cognata volevamo salvarla».
 

Ma lei, alla fine, ha capito perché sua madre ha fatto tutto questo?
«Lei diceva solo che Marzia era la causa della morte di zio Alessandro ma zio Alessandro aveva tanti problemi... Ancora non capisco tutto questo accanimento contro quella povera ragazza che diceva sempre: sì, grazie e posso...».
 

L’altro giorno il suo compagno ha aggredito due giornaliste Rai. Vuole dire qualcosa a riguardo?
«Paolo ha sbagliato non doveva fare ciò che ha fatto e usare quei modi ma lo ha fatto per difendere me che sono incinta perché ha visto che mi sono venuti tutti vicino e io stavo male...volevano entrare in casa ma io ero lì solo per i cani.

Non ho neanche mandato nulla a mia madre in carcere».

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