Marzia Capezzuti, l'assassina Barbara Vacchiano: «Mi prendo tutte le colpe, voi pensate al piccolino»

Omicidio di Pontecagnano, le intecettazioni an casa Vacchiano Noschese. Barbara: «Mi accuso io di tutto, voi pensate al piccolino»

Una delle ultime immagini di Marzia Capezzuti
Una delle ultime immagini di Marzia Capezzuti
di Petronilla Carillo
Venerdì 21 Aprile 2023, 06:25 - Ultimo agg. 15:35
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L’ultima immagine di Marzia che è rimasta impressa nella mente di molti testimoni è quella di una ragazza imbruttita dalle violenze, con i capelli tagliati così male, forse tirati dalla testa, da fare vedere la cute, senza denti e tumefatta che, accucciolata su stessa, dondolava ripetendo paranoicamente e con lo sguardo perso nel nulla: «Marzia... Pontecagnano... via Verdi... Barbara Barbara». Era stata educata così, a suon di botte, a rispondere a chi l’avesse vista per strada. E quelle parole che le erano state conficcate nella testa da Barbara Vacchiano, erano diventate un mantra. Questo perché, in qualche occasione, quando ancora aveva le forze, Marzia Capezzuti, ritrovata cadavere in un casolare abbandonato di Santa Tecla a Faiano in autunno, aveva tentato di fuggire via ma era stata sempre fermata, riportata a casa e maltrattata. Sempre di più. Anzi, torturata. Il gip Alfonso Scermino che ha firmato l’ordinanza cautelare per i suoi carnefici, Barbara Vacchiano e il compagno Damiano Noschese (ricordiamo che è finito in un istituto di pena anche il figlio quindicenne della Vacchiano con provvedimento a firma del giudice minorile) dedica un intero capitolo al delitto della tortura consumato dalla coppia di Pontecagnano. Un reato terribile, commesso nel contesto di un Paese che pone la tutela della vita tra i suoi principi fondamentali. E stamattina, nell’interrogatorio di garanzia che si terrà in carcere con il gip, alla presenza del loro legale di fiducia, l’avvocato Pierluigi Spadafora, la coppia dovrà spiegare il perché di quelle torture. 


LE INTERCETTAZIONI
Quando ad ottobre scorso scattano gli avvisi di garanzia della procura, retta dal procuratore capo Giuseppe Borrelli - sei persone indagate, tra queste anche Annamaria e Vito Vacchiano, i figli maggiorenni di Barbara, quindi Gennaro Merola e Gennaro Pagano - partono anche le intercettazioni ambientali. È proprio nel contesto casalingo che gli indagati parlano a ruota libera. Solo in un secondo momento i carabinieri del comando provinciale di Salerno iscrivono sul registro degli indagati anche il 15enne. Madre e figli vengono così intercettati mentre parlano proprio dell’omicidio di Marzia. Annamaria discutendo con la madre di ciò che è scritto sulle carte che le sono state notificate dice a voce alta: «Hai capito? Pure il concorso in omicidio... e tu sei la mandante». Vito allora si rivolge alla sorella: «Diglielo a questi figli di puttana qui dentro (i carabinieri, ndr) che se non hanno le prove .. si devono solo mettere il dito ....». Damiano Noschese chiede: «Cosa dobbiamo fare, ci uccidiamo?». E Vito: «Ci uccidiamo...». Damiano incalza: «E che ho fatto io?». Annamaria: «Damiano, Damiano... un sacco di cose». È Barbara allora ad intervenire dicendo che ha intenzione di confessare tutto e che si meglio che le accuse ricadano su di lei: «fammi accusare tutto a me». Damiano si mostra contrario. Barbara sa anche che di li a poco avrebbero arrestato Vito per evasione degli arresti domiciliari raccomandando ad Annamaria di accudire il fratellino di sette anni. Annamaria inizia a piangere e Barbara la rimprovera: «vedi che sei razza Vacchiano, non piangere. Ok? E basta... accuditemi a questo».
I DETTAGLI
È il 2019 quando, inconsapevolmente, trasferendosi a casa dei Vacchiano, Marzia firma la propria condanna a morte.

L’idillio con Alessandro, il fidanzato e fratello di Barbara morto per overdose a Napoli, dura poco. Anche lui è violento. Lo dimostra anche quando va in visita a Milano dalla madre di Marzia: va in escandescenza perché in casa non ci sono alcolici, urla e maltratta Marzia. La donna lo mette fuori la porta ma la ventinovenne decide di perdonarlo e tornare con lui a Pontecagnano. È lo stesso Alessandro, qualche mese dopo, a denunciare ai carabinieri che Marzia viene violentata in casa. Cosa mai provata ma di cui in tanti parlano. Un dettaglio, questo, che nelle carte dell’inchiesta non sarebbe molto chiaro in quanto inserito in un contesto di bugie raccontate da Barbara e di omertà della persone che quella casa la frequentavano. Un’amica di Barbara ha però raccontato ai militari dell’Arma, nel corso delle indagini sulla scomparsa della giovane milanese, di una foto che le era stata inviata dalla donna e che ritraeva il figlio Vito durante un amplesso sessuale. Lei orgogliosa, le diceva in quel messaggio che «il figlio stava facendo esperienza». La donna, in quella foto, ha pensato di vedere Marzia in un primo momento. Chi però entrava in quella casa per la prima volta aveva l’impressione che la ragazza lavorasse come domestica: «la vedevo sempre lì a fare i servizi», ha detto un’amica di Vito. In realtà a Marzia veniva chiesto di tutto. Secondo alcune testimoniane sarebbe stata picchiata un giorno da Damiano Noschese perché non aveva trovato la mutanda che lui le aveva chiesto di prendere dal cassetto. E i segni di quelleviolenze erano evidenti. Quando i carabinieir la cercavano in qualitò di persona scomparsa, Marzia era in quella abitazione di via verdi a Pontecagnano, rinchiusa in uno scantinato buio, legata ad un letto (avrebbe denunciato qualcuno). È la fidanzata di Vito a raccontare che Barbara uscendo spesso diceva al figlio ai domiciliari per uno scippo: «se vengono i carabinieri chiudila giù». 

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