L’ultima immagine di Marzia che è rimasta impressa nella mente di molti testimoni è quella di una ragazza imbruttita dalle violenze, con i capelli tagliati così male, forse tirati dalla testa, da fare vedere la cute, senza denti e tumefatta che, accucciolata su stessa, dondolava ripetendo paranoicamente e con lo sguardo perso nel nulla: «Marzia... Pontecagnano... via Verdi... Barbara Barbara». Era stata educata così, a suon di botte, a rispondere a chi l’avesse vista per strada. E quelle parole che le erano state conficcate nella testa da Barbara Vacchiano, erano diventate un mantra. Questo perché, in qualche occasione, quando ancora aveva le forze, Marzia Capezzuti, ritrovata cadavere in un casolare abbandonato di Santa Tecla a Faiano in autunno, aveva tentato di fuggire via ma era stata sempre fermata, riportata a casa e maltrattata. Sempre di più. Anzi, torturata. Il gip Alfonso Scermino che ha firmato l’ordinanza cautelare per i suoi carnefici, Barbara Vacchiano e il compagno Damiano Noschese (ricordiamo che è finito in un istituto di pena anche il figlio quindicenne della Vacchiano con provvedimento a firma del giudice minorile) dedica un intero capitolo al delitto della tortura consumato dalla coppia di Pontecagnano. Un reato terribile, commesso nel contesto di un Paese che pone la tutela della vita tra i suoi principi fondamentali. E stamattina, nell’interrogatorio di garanzia che si terrà in carcere con il gip, alla presenza del loro legale di fiducia, l’avvocato Pierluigi Spadafora, la coppia dovrà spiegare il perché di quelle torture.
LE INTERCETTAZIONI
Quando ad ottobre scorso scattano gli avvisi di garanzia della procura, retta dal procuratore capo Giuseppe Borrelli - sei persone indagate, tra queste anche Annamaria e Vito Vacchiano, i figli maggiorenni di Barbara, quindi Gennaro Merola e Gennaro Pagano - partono anche le intercettazioni ambientali. È proprio nel contesto casalingo che gli indagati parlano a ruota libera. Solo in un secondo momento i carabinieri del comando provinciale di Salerno iscrivono sul registro degli indagati anche il 15enne. Madre e figli vengono così intercettati mentre parlano proprio dell’omicidio di Marzia. Annamaria discutendo con la madre di ciò che è scritto sulle carte che le sono state notificate dice a voce alta: «Hai capito? Pure il concorso in omicidio... e tu sei la mandante». Vito allora si rivolge alla sorella: «Diglielo a questi figli di puttana qui dentro (i carabinieri, ndr) che se non hanno le prove .. si devono solo mettere il dito ....». Damiano Noschese chiede: «Cosa dobbiamo fare, ci uccidiamo?». E Vito: «Ci uccidiamo...». Damiano incalza: «E che ho fatto io?». Annamaria: «Damiano, Damiano... un sacco di cose». È Barbara allora ad intervenire dicendo che ha intenzione di confessare tutto e che si meglio che le accuse ricadano su di lei: «fammi accusare tutto a me». Damiano si mostra contrario. Barbara sa anche che di li a poco avrebbero arrestato Vito per evasione degli arresti domiciliari raccomandando ad Annamaria di accudire il fratellino di sette anni. Annamaria inizia a piangere e Barbara la rimprovera: «vedi che sei razza Vacchiano, non piangere. Ok? E basta... accuditemi a questo».
I DETTAGLI
È il 2019 quando, inconsapevolmente, trasferendosi a casa dei Vacchiano, Marzia firma la propria condanna a morte.