Omicidio Marzia, il minore da Nisida: voglio salvare mia madre e prendermi la colpa

La raccomandazione di Barbara Vacchiano ai figli: "Negate sempre tutto"

Barbara Vacchiano, in carcere per l'omicidio di Marzia Capezzuti
Barbara Vacchiano, in carcere per l'omicidio di Marzia Capezzuti
di Petronilla Carillo
Domenica 30 Aprile 2023, 06:45 - Ultimo agg. 1 Maggio, 16:21
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«Sono solo ormai, sono solo». «Voglio parlare con mamma, ormai sono solo». Sono le parole che il quindicenne, rinchiuso nell’istituto di pena minorile di Nisida perché ritenuto coinvolto nell’omicidio di Marzia Capezzuti, ha riferito ieri al suo legale di fiducia, l’avvocato Francesco Rocciola, che è andato a trovarlo.

Il giovane non fa mai alcun accenno alla sua famiglia nei colloqui ma chiede ripetutamente della mamma. Mamma che, essendo in carcere a Fuorni, non può neanche sentire al telefono. E ieri, come aveva riferito anche al giudice per le indagini preliminari del tribunale minorile di Salerno durante l’interrogatorio di garanzia, ha ribadito al suo legale di voler parlare con la mamma per prendersi tutte le responsibilità di quanto accaduto.

L’avvocato Rocciola gli ha anche riferito di aver presentato richiesta di scarcerazione al Riesame per cercare di garantire al quindicenne una vita diversa. 

«Il mio intento - ribadisce il penalista - è di strappare questo ragazzo, già molto problematico, ad un destino segnato. È un ragazzo, come scrivo anche nel mio ricorso, fragile, portatore di handicap: ha un ritardo mentale acclarato e una patologia che lo rende facilmente infiammabile caratterialmente, un po’ come il fratellastro Vito Vacchiano». 

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Durante l’interrogatorio di garanzia si era avvalso della facoltà di non rispondere alle domande ma, quando giudice e pm gli hanno chiesto se voleva rendere dichiarazioni spontanee, aveva riferito di essere vittima dell’odio dei suoi fratellastri e di volersi addossare tutte le responsabilità per salvare la mamma. Neanche sa, forse, della videochiamata Instagram registrata dalla sorella Annamaria Vacchiano, e consegnata agli inquirenti. 

Dai tasselli che gli inquirenti stanno mettendo insieme emerge il quadro di una famiglia che viveva ai limiti di una condizione sociale e culturale comune, simbolo di una periferia dimenticata. In quella casa si tirava avanti grazie alle pensioni di invalidità: quella di Damiano Noschese, il marito di Annamaria Vacchiano, per sordità; quella di Vito e del fratellastro ora rinchiuso a Nisida per problematiche pisco-mentali, oltre all’indennità percepita anche dal più piccolino dei figli ora in casa famiglia. Poi c’era il lavoro, quello precario, dello «scerro» ovvero della raccolta di ferro e rame. I Vacchiano Noschese stavano anche preparando le pratiche per avere il reddito di cittadinanza ma il tutto si è fermato a causa delle indagini in corso. Insomma, una situazione di precarietà finanziaria nella quale la pensione di Marzia aveva il suo pesonell’economia familiare. 

Secondo quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, Barbara Vacchiano aveva una enorme capacitò di manipolare i suoi figli maschi. In un colloquio effettuato in carcere con Vito (finito a Fuorni non per l’omicidio di Marzia ma per evasione dagli arresti domiciliari) il ragazzo riferisce alla madre che gli sono arrivate le notifiche per Marzia. Era il 14 novembre del 2022. Allora Barbara lo ammonisce: «Va bene tu dici sempre un anno, due, uno anno e mezzo due anni». Il ragazzo le risponde che l’avvocato gli ha detto di tacere. Allora lei incalza: «Se è qualcosa dici che non ti senti bene, non ti far incastrare, trovati sempre con queste parole qua se è qualcosa gliel’ho detto pure a tuo fratello». Le stesse cose la Vacchiano gliele ha ripetute anche in un successivo colloquio del 26 gennaio 2023, avvisando il figlio Vito che avrebbe sempre dovuto dire: «Che me ne fotte» soprattutto se «ti dicono che tua mamma ha parlato».

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