La piccola Jolanda uccisa a botte,
la madre resta in carcere

La piccola Jolanda uccisa a botte, la madre resta in carcere
di Nicola Sorrentino
Sabato 19 Ottobre 2019, 10:47 - Ultimo agg. 15:04
2 Minuti di Lettura
SANT'EGIDIO DEL MONTE ALBINO -Imma Monti resta in carcere. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato dall'avvocato di fiducia, Vincenzo Calabrese, basato sul presupposto di un'assenza di elementi gravi da ritenerla colpevole nell'omicidio, in concorso con il marito, della figlia di appena otto mesi, Jolanda Passariello.

L'episodio risale alla notte tra il 21 e il 22 giugno scorso, nella frazione di San Lorenzo a Sant'Egidio del Monte Albino. Secondo la tesi della procura di Nocera Inferiore, la bimba morì per soffocamento, dopo essere stata maltrattata per almeno quindici giorni. Ipotesi confermata anche dall'autopsia e dal Tribunale del Riesame, poi. L’accusa è di maltrattamenti e omicidio volontario in concorso per entrambi i genitori. I due furono arrestati in tempi diversi: l’uomo per un concreto pericolo di fuga, trovato alla stazione di Salerno, e perché ritenuto mai credibile quando gli fu chiesto di spiegare il perché la figlia presentasse lividi e ferite varie. Sorte diversa per la moglie, accusata di non aver impedito i maltrattamenti consumati dal marito sulla piccola, né per aver tentato di sottoporla ad una visita specialistica, spiegando di essere minacciata costantemente dall’uomo nel non poter uscire di casa. La piccola sarebbe stata soffocata con un cuscino, premuto sul viso. 

I due avrebbero poi messo in piedi una versione di “comodo” da fornire alla polizia, che indagava sul decesso. Non è ancora chiaro il movente: tra le ipotesi, la volontà dei due genitori di liberarsi della figlia, non avendo soldi per curarla da una non meglio precisa patologia. Quando il 118 giunse in casa, quella sera, trovò sul corpo di Jolanda edemi, segni di bruciature, escoriazioni e lesioni. Inoltre, in bocca c’era una lesione aftosa ulcerativa. Per quindici giorni sarebbe stata maltrattata dal padre, e curata peggio, con rimedi rudimentali e inappropriati. La piccola pare soffrisse anche di problemi agli arti superiori: avrebbe dovuto svolgere un giro di visite per averne certezza, che non fece mai. Per il Riesame, nello specifico, sarebbe stato il padre ad uccidere la figlia, senza che la madre tentasse in qualche modo di impedire quel gesto, nè di salvarla, portandola via di casa, in altre occasioni. Ma a pesare sulla coppia fu il contenuto delle intercettazioni ambientali captate in commissariato, il giorno dopo il decesso. I due parlarono di «omicidio», di «cuscino tutto in faccia», dell’opportunità di far sparire il guanciale e di tacere sulla verità, «altrimenti facciamo cinquant’anni di carcere ciascuno». Per conoscere le motivazioni del rigetto della Cassazione, toccherà attendere i tempi previsti dalla legge. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA