Omicidio Salvati, la confessione del killer:
«Volevo solo spaventarlo, non ucciderlo»

Omicidio Salvati, la confessione del killer: «Volevo solo spaventarlo, non ucciderlo»
di Nicola Sorrentino
Venerdì 9 Ottobre 2020, 06:40 - Ultimo agg. 08:18
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«Ansalone aveva intenzione soltanto di «gambizzare» la vittima. Ha esploso 4 colpi di pistola all’indirizzo esclusivo delle gambe della vittima. Se avesse voluto ucciderlo avrebbe mirato allo stomaco, al petto o al capo». Questo alla base della riqualificazione del reato da omicidio volontario a preterintenzionale, al termine dell’udienza di convalida dinanzi al gip, per il 35enne di Baronissi, accusato della morte di Vincenzo Salvati e del ferimento di Aniello Califano, sabato scorso.

L’indagato, difeso dal legale Michele Sarno, resta nel carcere di Fuorni, perché giudicato pericoloso in ragione della sua condotta.

Il gip non ha ritenuto credibile una parte della sua versione, durante l’interrogatorio. E cioè, di aver sparato «per paura» o per «spaventare», dopo aver notato che Salvati e Califano mettevano una mano dietro la schiena, mentre parlavano con lui, come se volessero prendere qualcosa. Tuttavia, le indagini forniscono un riscontro sul fatto che lo stesso Califano avesse una pistola, quella sera, nella frazione di Corticelle a Mercato San Severino. Anche lui fu sparato alle gambe, mentre tentava la fuga. È ancora in prognosi riservata al Ruggi. Mentre sembrerebbe esserci la droga quale movente del delitto. Giorni prima, Ansalone aveva raggiunto la casa di Salvati per un chiarimento. «Gli ho ceduto - ha detto - vari quantitativi di stupefacente tra crack e cocaina, nell’ultimo anno e mezzo, per un valore pari a 22.000 euro. Ma ogni volta non saldava. Ho saputo che Vincenzo Salvati poi acquistava stupefacente da un’altra persona, usando i soldi guadagnati con la mia, mi sono risentito e gli ho chiesto un appuntamento per capire». Dopo una prima discussione presso casa della vittima, l’indagato c’era tornato per sparare in aria alcuni colpi di pistola. Circostanza, questa, confermata da un testimone oculare. Qui entra in gioco il figlio della vittima, che aveva tentato di mediare tra le parti, concordando un appuntamento.

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