Omicidio Vassallo, il grido della famiglia: «Killer protetto»

Omicidio Vassallo, il grido della famiglia: «Killer protetto»
di Gigi Di Fiore
Venerdì 19 Gennaio 2018, 08:38 - Ultimo agg. 09:40
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Quasi se l'aspettavano. Sette anni e cinque mesi di attese, speranze, impegno nel tenere vivo il ricordo del fratello Angelo Vassallo, ma anche il timore che un'indagine a ostacoli potesse concludersi senza arrivare a conclusioni certe. Dario e Massimo Vassallo sono i fratelli del «sindaco pescatore», ucciso il 5 settembre del 2010 con nove colpi di pistola da una mano che, per ora, resterà ignota. Vivono a Roma, Dario ha creato una fondazione per tenere vivo il ricordo del fratello e, per tre anni, ogni 5 settembre è riuscito ad organizzare a Pollica una manifestazione. Poi, un graduale distacco dal paese, qualche frizione, che hanno spinto Dario a raccontare la figura e la morte del fratello in più luoghi d'Italia, anche attraverso uno spettacolo teatrale, ma non più a Pollica. E poi, un libro, una fiction con Sergio Castellitto ad interpretare il «sindaco pescatore» trasmessa dalla Rai nel 2016. Sempre con la speranza di arrivare a una verità.

«Mi sembra una cosa assurda - commenta Massimo Vassallo - Eppure l'impegno degli investigatori è stato enorme. E mi chiedo se chi ha ucciso è stato così bravo o, invece, non sia coperto da qualcuno».

Il 13 febbraio scadrà l'ultima proroga delle indagini che, senza elementi di prova concreti, dovranno per ora fermarsi. In sette anni, non ci sono mai stati elementi che consentissero di emettere un'ordinanza cautelare. Ed Dario Vassallo dice: «Non posso credere che lo Stato rinunci a cercare chi ha ucciso lo Stato». Ma, senza appigli, senza aiuti, nessun inquirente, per quanto bravo e rigoroso, può tenere aperto all'infinito un fascicolo investigativo.


Sette anni laceranti, di divisioni e frizioni anche all'interno del piccolo paese di Pollica, perla del Cilento con poco più di duemila abitanti in inverno. Angelina e Antonio, vedova e figlio di Angelo Vassallo, speravano in qualche sbocco delle indagini, ma sono rimasti sempre più disincantati e chiusi nel disincanto e nel dolore. Tanto che Antonio, che ad Acciaroli (una delle 4 frazioni di Pollica) gestisce un ristorante, in occasione del settimo anniversario della morte del padre ha osservato: «Purtroppo, la droga ad Acciaroli continua a girare. E fa rabbia, perché significa che la piaga per la quale, forse, mio padre è stato ucciso non è stata ancora guarita».

A poco a poco, negli anni, a Pollica la figura di Angelo Vassallo è diventata un'icona della legalità, in un crescendo di rimozione e fastidio. Nel tempo, ha mollato anche l'avvocato (il professore Vincenzo Maiello) che, agli inizi, assisteva la famiglia nel seguire gli sviluppi dell'inchiesta. L'ex sindaco di San Mauro Cilento, Giuseppe Cilento, che è stato sempre molto amico diAngelo Vassallo, fa una lapidaria considerazione: «Ormai questa vicenda è uno dei tanti misteri italiani».

Chi frequenta la costa cilentana sa quanto l'omicidio Vassallo abbia diviso, sia stato motivo di contrasti nei discorsi e nelle interpretazioni di un'intera comunità. Gli inquirenti hanno sondato tutte le piste, lasciando aperta solo quella dello spaccio di droga a cui Vassallo si opponeva. Pista dove non è stato possibile acquisire elementi di prova in grado di sostenere l'accusa in un dibattimento. Un solo indagato, Bruno Humberto Damiani, per cui si avvicina l'archiviazione. Nulla di fatto, anche se, nel caso spuntassero elementi nuovi, un'inchiesta per omicidio (reato che non si prescrive) può sempre essere riaperta. «C'è sempre stato il generico e vago sospetto che chi ha sparato quella sera sia poi stato coperto» dice con amarezza Massimo Vassallo. Un sospetto al centro di molti discorsi a Pollica. Chiacchiere che, però, non si sono mai trasformate in sostanza concreta o aiuti seri agli inquirenti.
 

 

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