Estorsioni, armi da guerra, incendi, pestaggi e droga: c’è questo e altro nell’inchiesta bis appena conclusa dalla Dda sul clan di Pagani Fezza-De Vivo, federato con quello dell’ex sicario della Nuova Famiglia e oggi pentito, Rosario Giugliano. Sono in 29 a rischiare il processo. A giugno furono 23 gli arresti firmati dal Gip, eseguiti in gran parte verso chi fu già condannato in primo grado, nell’inchiesta principale.
Ora c’è il nuovo filone, coordinato dal pm Elena Guarino, con il lavoro condotto da carabinieri e polizia, grazie al quale emergono nuovi episodi rispetto a quelli noti, in gran parte chiariti e svelati dall’analisi dei telefoni criptati in mano ad esponenti del clan.
Tra questi il tentativo di estorsione, prima con una bomba e poi con l’incendio di un autocarro, a danno di Gambardella Cash a Pagani. La nota azienda impegnata nella distribuzione all’ingrosso finì nel mirino del clan, tra il 23 e il 24 ottobre 2020. Dell’episodio rispondono Andrea De Vivo e Francesco Fezza (quali mandanti), insieme a Giuseppe D’Auria e Daniele Confessore, che avrebbero incaricato due ragazzi di Nocera, mai identificati, ad incendiare un autocarro parcheggiato all’interno della ditta.
Il giorno prima, invece, una bomba fu piazzata per errore nei pressi di un’abitazione, che risultava adiacente all’ingresso dell’azienda. Nella logica criminale del clan, inoltre, c’era anche l’obiettivo di estromettere dal territorio Antonio D’Auria Petrosino. Quest’ultimo fu aggredito, il 17 luglio 2020, da Andrea De Vivo e Daniele Confessore. Nell’episodio sono coinvolti anche Francesco Fezza e Giuseppe D’Auria. E le medesime finalità avrebbe avuto l’incendio a Casa Store, negozio di casalinghi, il 18 novembre dello stesso anno, che sempre l’Antimafia ritiene riconducibile allo stesso D’Auria Petrosino. Le finalità erano le medesime del pestaggio.
Per tutti gli indagati c’è l’accusa di violenza privata aggravata dall’agevolazione mafiosa. Negli oltre 20 capi d’accusa ce n’è anche per il clan di Rosario Giugliano. In particolare per le estorsioni, come quella subita dall’azienda conserviera La Regina di San Marzano sul Sarno, da una ditta di onoranze funebri e da una società di videoslot. L’ex boss avrebbe tentato di infiltrarsi anche nella zona industriale di Fosso Imperatore, a Nocera Inferiore, attraverso il ruolo dell’imprenditore Stefano Gambardella. Un capitolo a parte è dedicato al tentato omicidio dell’ex pentito Carmine Amoruso. Giugliano si sarebbe avvalso di almeno 5 persone, incaricate di recuperare i sicari, aprire la strada per la fuga, svolgere sopralluoghi e disfarsi delle armi.
Il gruppo è accusato anche di aver venduto cocaina - 40 euro al grammo - e acquistato un chilo della stessa sostanza. La fazione vicina ad Amoruso, invece, risponde di rapina e possesso di droga. Ancora, per il clan di Pagani vi è l’ulteriore contestazione del possesso di armi pericolose, come svariate pistole e due kalashnikov.