«Parcheggiato in ambulanza,
come un sacco di rifiuti»

«Parcheggiato in ambulanza, come un sacco di rifiuti»
di Carmela Santi
Martedì 18 Maggio 2021, 06:10 - Ultimo agg. 19:06
3 Minuti di Lettura

«Mi sono sentito come chiuso in un sacco di immondizia dove non entra più niente. Mi mancava l’aria, avevo difficoltà a respirare. Sono state ore di incubo. Neanche un cane si tratta così». Bruno Mainente, 66enne della frazione Pattano di Vallo della Lucania, a distanza di mesi ancora convive con l’incubo di quella notte. Risultato positivo al Covid 19 nello scorso mese di ottobre, le sue condizioni di salute precipitano e per lui, a quindici giorni dai primi sintomi, si rende necessario il trasferimento in ospedale. Sin dal primo momento in cui parte la telefonata al 118, per Bruno e i suoi familiari, tutti positivi, inizia un’odissea. «Ancora oggi - racconta tra le lacrime - non riesco a capire come sia potuto accadere. Da dentro l’ambulanza ho avuto l’impressione che mi portassero in giro, non sapendo dove “parcheggiarmi”. Una volta deciso di portarmi all’ospedale San Luca sono rimasto per quattro ore nella barella contenitiva. Ogni tanto qualcuno veniva a chiedermi come stavo. Solo dopo due ore una infermiera mi ha misurato la temperatura. Sono rimasto per altre due ore chiuso nel sarcofago. Mi sentivo morire, non volevo per forza un posto letto ma almeno di essere visitato, soffrivo, non respiravo. Non mi hanno fatto neanche un torace». L’uomo è stato “parcheggiato” per quasi quattro ore al pronto soccorso del San Luca. Dopo la lunga attesa il 66enne, sempre a bordo di un’ambulanza attrezzata, viene riportato a casa. Solo il giorno dopo viene trasferito all’ospedale Covid di Agropoli dove resta ricoverato per diverse settimane. Legittima ancora oggi la rabbia dei familiari. Il fratello Carlo, anche lui positivo al Covid, al solo pensiero di quanto accaduto non riesce a trattenere le lacrime. «Quella notte - dice - mio fratello è stato trattato come un animale. La cosa più grave è che ancora oggi ha paura di telefonare nuovamente al 118. Disumano quanto è accaduto». Dai vertici sanitari, all’indomani dell’episodio, arriva subito la solidarietà a Bruno e alla sua famiglia. Al San Luca ad ottobre non era possibile accettare pazienti covid, gli eventuali casi positivi accertati dovevano essere dirottati su Agropoli. Ma qualcosa quella notte non ha funzionato. Non da meno il comportamento del medico e dell’infermiere dell’ambulanza che hanno “abbandonato” il paziente mettendo anche a rischio il personale del presidio ospedaliero. Il medico del pronto soccorso solo dopo due ore decide di far misurare la temperatura al paziente per poi rimandarlo a casa. Sono trascorsi diversi mesi da quella notte ma Bruno porta ancora nel corpo e nella mente gli strascichi di quella brutta esperienza, uniti ai problemi fisici post covid. A stento ha ripreso il suo lavoro nell’azienda di famiglia, si sente continuamente stanco. Si sottopone a continui controlli medici e ancora oggi ha bisogno di trattamenti di fisioterapia. La positività al Covid 19 gli stravolto la vita. Tutti gli ripetono che ci vorrà del tempo. Se lo augura, perché davvero in quelle terribili ore, chiuso “nel sarcofago”, ha temuto di non farcela. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA