Pesce, pane e dolci, i rincari di Natale: «Tavole più vuote»

«Forse a parte l'olio d'oliva che viene prodotto tra Italia, Grecia e Spagna, tutto il resto ha subìto un'impennata spropositata dei costi».

Il carrello della spesa
Il carrello della spesa
di Barbara Cangiano
Lunedì 21 Novembre 2022, 07:46 - Ultimo agg. 07:47
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Fare la spesa costa di più. E le previsioni per il futuro non sono rosee. Con il risultato che, tra aumenti delle materie prime e bollette alle stelle, i carrelli dei salernitani sono sempre meno pieni e probabilmente anche le tavole natalizie saranno imbandite con maggiore parsimonia rispetto agli anni precedenti. I primi a essersene resi conto, sono naturalmente i consumatori, in particolare quelli da sempre attenti ai costi dei prodotti da acquistare. E così, facendo un giro nei principali supermercati cittadini, il commento è unanime: «Forse a parte l'olio d'oliva che viene prodotto tra Italia, Grecia e Spagna, tutto il resto ha subìto un'impennata spropositata dei costi - racconta Amalia Salzano - Gli oli di semi, dal girasole all'arachide al mais sono quasi raddoppiati. Quindi, addio fritture, vuol dire che ne guadagneremo in salute».

Il pane, considerato un bene primario, come più volte sottolineato dal presidente dell'associazione panificatori Nicola Guariglia, è già schizzato da 2,20 euro a 3,50-4 euro al chilo e in alcune regioni ha raggiunto la cifra record di 6-7euro. Per non parlare dei dolci, che sono diventati un lusso. Del resto se il prezzo della farina è cresciuto del 130 per cento, quello del lievito del 150, quello dello strutto del 120 e quello dell'olio di semi del 300 per cento, «è evidente che i clienti ci ragionano prima di acquistare un prodotto che tutto sommato è velleitario spiega Giuseppe Faiella dell'associazione pasticcieri Il trend è decisamente oscillante. I primi quindici giorni del mese gli affari vanno discretamente, poi, così come iniziano a sgonfiarsi i conti correnti delle famiglie che stentano ad arrivare alla fine del mese, ecco che i consumi calano di almeno il 50 per cento». La situazione è intollerabile, conferma Matteo Marchetti del Codacons: «Ci arrivano segnalazioni di pizze non gourmet pagate dieci euro dice Capisco che il caro bollette ha pesato moltissimo sulle aziende, ma è pur vero che bisogna vigilare per evitare speculazioni». Il latte della Centrale costa 50 centesimi in più: da 1,39 a 1,89. L'insalata della stessa casa è passata da 0.99 centesimi a 1,10 euro e la pasta da 1,10 a 1,35.

Per mangiare pollo bisogna spendere il 30-40 per cento in più rispetto a un anno fa, per la verdura sobbarcarsi un costo aggiuntivo che oscilla dal 20 al 30 per cento, per il pesce tra il 10 e il 20. E anche la mozzarella di bufala è passata mediamente da 16 a 17 euro al chilo. Una situazione che ben conosce Pietro Paolo Boiano, segretario dell'associazione pubblici dipendenti, pensionati e figure professionali: «Gli aumenti medi oscillano tra il 20 e il 30 per cento e una famiglia monoreddito, con un unico introito da 1200-1500 euro mensili non regge più questa valanga. Uno stato serio stigmatizza dovrebbe tagliare l'Iva sui beni di prima necessità o quantomeno aumentare le pensioni». Tavole più vuote tra Natale e Capodanno? Sì, secondo la maggior parte degli addetti ai lavori. Così come saranno progressivamente meno frequenti colazioni al bar e aperitivi. Il costo del caffè è passato da 13 a 18 euro al chilo. Lo zucchero segna un più 40 centesimi, i cornetti più 20 e per le bibite si deve spendere un 30 per cento in più rispetto a dodici mesi fa. «Prima vendevamo un bicchiere di vino a tre euro racconta il titolare di un noto bar della movida che preferisce restare anonimo Ora non riusciamo a farlo pagare meno di cinque per rifarci dei costi delle bollette».

Per Sabato D'Amico, presidente gruppo alimentare Confindustria Salerno, la crisi ha ragioni per così dire più «antiche»: «Gli aumenti sono iniziati già nel 2021 riguardando prevalentemente il mondo del packaging, Plastica, cartoni, carta e sono iniziati a gonfiarsi anche i noli, cioè il trasporto di un contenitore da un Paese all'altro racconta La pandemia ha poi creato un vuoto produttivo e quando il mercato è tornato alla normalità i prezzi erano già maggiorati. Ancora, la guerra ha generato ulteriori problemi e alcune speculazioni, perché su determinate materie prime, ad esempio quelle necessarie per l'olio di girasole, Russia e Ucraina detengono il 45 per cento del mercato globale e dovendosi rivolgere ad altri produttori il risultato è stato questo. Ora, dopo una iniziale impennata, siamo più vicini ai prezzi di una volta. Ulteriore elemento che ha giocato a sfavore, la siccità che ha compromesso molti raccolti. E per finire il caro bollette. Il mio augurio è che il trend cambi, anche grazie ad azioni concrete del Governo necessarie per calmierare il mercato».
 

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