Pochi medici e niente posti letto,
ambulanze in fila davanti ll'ospedale

Pochi medici e niente posti letto, ambulanze in fila davanti ll'ospedale
di Sabino Russo
Mercoledì 8 Giugno 2022, 06:45 - Ultimo agg. 10 Giugno, 22:13
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Ambulanze di nuovo in fila fuori al pronto soccorso del Ruggi. Sono decine, da alcuni giorni, i mezzi di soccorso che stazionano all’esterno del reparto di emergenza di via San Leonardo, per mancanza di posti letto, di filtro col territorio e per la grave carenza di medici, che allungano le attese e i tempi di stazionamento. Una situazione di iperafflusso che non nasce oggi, ma si trascina ormai da tempo, e che necessiterebbe di interventi strutturali. Sono 600, intanto, i tamponi positivi comunicati ieri dall’Unità di crisi, che portano la conta complessiva a 310mila 274 casi dall’inizio della pandemia. Nonostante i piani di riduzione dell’affollamento, i diversi annunci di riorganizzazione programmatica, i sanitari del pronto soccorso sono ancora alle prese con gli atavici problemi che ingolfano il reparto, a partire dallo stazionamento dei pazienti per un arco di tempo che sovente supera addirittura le 72 ore, a fronte delle indicazioni del ministero della Salute, che prevedono quale tempo di permanenza in pronto soccorso per un paziente destinato al ricovero un limite massimo di 8 ore dal momento della presa in carico. A fronte dei circa 29 box presenti in reparto (ad eccezione delle aree di isolamento), si registra, frequentemente, una presenza di pazienti in carico ai medici e agli infermieri triagisti nel numero di circa 40 e con punte oltre i 50, rendendo le medicherie un caravanserraglio più che luoghi di cura, dove i pazienti vengono visitati e assistiti sulle lettighe delle ambulanze o sulle sedie, per mancanza di posti e di spazi idonei. Condizioni che necessiterebbero di un intervento ad ampio respiro, per i pazienti e per il personale, e che rappresentano un limite alla qualità delle cure e all’assistenza erogata. A questo, poi, si aggiunge la mancanza di posti letto in area di isolamento per sars-covid e il conseguente ricorso al «raddoppio» della capacità ricettiva in queste aree, oltre all’impossibilità di eseguire tamponi molecolari a ciclo lungo (tappo rosso) nella fascia oraria serale e notturna, così da permettere un inquadramento diagnostico utile ad ottimizzare i tempi di eventuale ricovero degli assistiti. Eppure a inizio maggio è partito l’ambizioso piano di «riduzione della sproporzione tra domanda sanitaria e risorse disponibili in pronto soccorso», per rispondere ai 140mila accessi all’anno, con una mancanza di camici bianchi pari a 25mila 320 ore. Attualmente, si stima che le visite eseguite in pronto soccorso per pazienti non urgenti siano comprese tra il 33 e il 50 per cento. Il flusso inappropriato genera il noto problema del sovraffollamento. Le cause non sono imputabili, però, unicamente agli accessi impropri, ma anche all’impossibilità di inviare nei reparti i pazienti che necessitano di ricovero. Pertanto si assiste all’aumento dell’attesa. Per questo motivo, il Ruggi ha sondato la disponibilità dei dirigenti medici dell’azienda che operano in altri reparti in discipline equipollenti a effettuare turni in pronto soccorso, in considerazione della forte carenza di personale, per garantire un potenziamento dell’offerta assistenziale nei picchi di iperafflusso.

«Abbiamo bisogno che il ministero della Salute si svegli – commenta sulla carenza di medici dell’emergenza il governatore De Luca, a margine della visita al museo del Sarno – perché le somme destinate al personale sono ferme al 2004.

Il ministero deve sbloccare questo tetto che ha stabilito e che vale ormai da 15 anni e prendere delle misure nazionali per i medici dell’emergenza. Abbiamo fatto decine di bandi ma i medici di pronto soccorso non partecipano. C’è bisogno, in termini di reddito, di fare una differenziazione tra chi lavora in pronto soccorso e chi magari fa una attività ospedaliera meno pesante e semmai fa anche una attività in Alpi». Sono 600 i tamponi positivi comunicati ieri dall’Unità di crisi, che portano la conta complessiva a 310mila 274 casi dall’inizio della pandemia. Sono 2mila 616 i nuovi positivi al Covid in Campania, su 19mila 614 test esaminati. Vuol dire che il tasso di incidenza è del 13,33 per cento, in discesa rispetto al 14,17 di lunedì. Il bollettino regionale segnala quattro vittime, di cui tre nelle ultime 48 ore. Resta invariato il numero di posti letto occupati in terapia intensiva (14), mentre quello delle degenze scende a quota 303 (-15). 

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