Il post «galeotto» del magistrato
scatena gli avvocati di Salerno

Il post «galeotto» del magistrato scatena gli avvocati di Salerno
di Clemy De Maio
Lunedì 24 Giugno 2019, 14:00
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Galeotto fu il post. Scritto da un magistrato e foriero di uno scontro con l'avvocatura salernitana che dopo quasi un anno è arrivato al plenum del Csm. Tutto inizia nel luglio del 2018, quando il giudice Stefano Berni Canani (passato due mesi prima dall'ufficio gip del Tribunale di Salerno alla Corte d'appello di Napoli) pubblica poche righe nel gruppo Facebook «Collettivo Kafka», fondato da avvocati salernitani e molto attivo nella segnalazione ironica di disfunzioni e paradossi del pianeta giustizia, in particolare di quello locale. Il post si inserisce nel solco sarcastico del gruppo: «Quel meraviglioso Coa - si legge - cui tu mandi una pec con una richiesta e ti risponde via mail sua eccellenza il consigliere dicendoti «mi faccia un'istanza scritta, collega».

«Ma collega a chi?»; e poi gli hashtag, tra cui #cialtroni e #seirimastoaltelefax. Quale fosse il Coa (cioè il Consiglio dell'Ordine degli avvocati) non era specificato, tant'è che in uno dei commenti si chiedeva di sapere, magari con un messaggio privato, in quale distretto si fosse verificato il disguido.
 
A chi conosceva l'antefatto, però, è stato chiaro che oggetto del dileggio fosse l'Ordine forense di Salerno. Poco prima un'avvocatessa (la moglie del giudice) aveva pubblicato sul suo profilo privato il resoconto dell'accaduto, spiegando di avere chiesto tramite posta certificata la decorrenza del provvedimento di sospensione di un collega sua controparte in un processo, in modo da poter verificare la validità degli atti, e di aver ricevuto per risposta l'invito a presentare un'istanza di accesso agli atti: «Come glielo spiego a questo soggetto commentava che chiedere qualcosa e fare istanza sono la stessa cosa? E che la pec è una raccomandata?». Fatto due più due, al Consiglio dell'Ordine hanno deciso che bisognava reagire. E sebbene il diretto interessato, il segretario Gaetano Paolino, avrebbe volentieri lasciato correre, la maggioranza dei colleghi con in testa il presidente Americo Montera ha obiettato che l'onorabilità dell'avvocatura andava tutelata per vie formali, tanto dalle «frasi offensive» del magistrato quanto dai successivi commenti, «deontologicamente censurabili», postati da alcuni avvocati. Da qui la doppia procedura: invio della documentazione al Csm per le valutazioni sul giudice; segnalazione al Consiglio distrettuale di disciplina per decidere sull'avvocatessa Carmen Piscitelli, cofondatrice e moderatrice di «Collettivo Kafka».

Su di lei l'organo disciplinare non si è ancora pronunciato, la pratica giace ma sul tavolo ci sono le sue controdeduzioni in cui evidenzia estraneità alla vicenda e sottolinea, tra l'altro, che né il post del giudice né i generici commenti danno conto di quale fosse il Consiglio dell'Ordine finito nel mirino. Riguardo al magistrato il Csm ha approvato pochi giorni fa una delibera di archiviazione, spiegando di non avere alcun provvedimento da adottare sia perché l'interessato è da oltre un anno in servizio in altro distretto (e non sono quindi rilevabili profili di incompatibilità ambientale) sia perché gli atti sono già stati trasmessi dalla commissione al vice presidente per l'inoltro ai titolari dell'azione disciplinare, cioè al ministro della giustizia e al procuratore generale in Cassazione. La comunicazione è atto obbligatorio e da lì potrà eventualmente partire una nuova procedura, ma intanto per il plenum l'incidente è chiuso.
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